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I sunniti iracheni stranieri in casa propria

Fulvio Scaglione
19 maggio 2017
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Le aree sunnite dell'Iraq da anni lamentano le prevaricazioni del governo centrale controllato dagli sciiti. Recenti denunce parlano di centinaia di civili rastrellati e scomparsi.


Il settarismo continua a far vittime in Iraq e la prima e più importante tra le vittime potrebbe essere proprio l’unità e l’integrità del Paese. Continuano infatti le sparizioni di civili e le denunce sono particolarmente numerose e sofferte nelle aree sunnite che da anni lamentano le prevaricazioni del governo centrale controllato dagli sciiti e, ancor più, dalle milizie sciite organizzate, almeno in teoria, per respingere la minaccia dello Stato islamico (Isis).

Secondo le stime dell’Osservatorio iracheno per i diritti dell’uomo, almeno un migliaio di civili sarebbe scomparso durante le operazioni militari partite nell’ottobre scorso per liberare Mosul. Il governatore del distretto di al-Hadar, sempre nell’area di Mosul, a sua volta, ha raccontato che da quella sola area sarebbero scomparsi «almeno 160 giovani uomini», della cui sorte non si hanno notizie. Per tornare all’Osservatorio: un fenomeno simile, anche nei numeri, era stato notato nell’estate del 2015 durante la campagna condotta dall’esercito iracheno per riconquistare la provincia (a maggioranza sunnita) di Anbar e in particolare la città di Ramadi, prima occupate dall’Isis.

Di provincia in provincia si ripropone uno stillicidio di tragedie sulle cui dimensioni pare impossibile far luce. Le autorità del governatorato sunnita di Salahuddin parlano di 4 mila desaparecidos, mentre membri del Parlamento del governatorato di Anbar sostengono che gli scomparsi dalle aree di tradizionale insediamento sunnita (comprese quelle di Anbar, Baghdad, Diyala e Salahuddin) ormai superano i 5 mila. E secondo molti esponenti politici sunniti, i desaparecidos sarebbero in realtà tenuti prigionieri nel carcere di Jurf al-Sakhar, a sud di Baghdad.

Lo scandalo si è fatto grande e non è bastato che Osama al-Nujaifi, vicepresidente dell’Iraq, pochi mesi fa si sia ostentatamente incontrato con i responsabili delle milizie sciite per poi dichiarare che non vi è alcun problema. Ancor meno convincenti sono state, poi, le spiegazioni del ministero dell’Interno e delle autorità militari, che hanno cercato di giustificare la sparizione di tante persone con presunti arresti provvisori nell’ambito delle indagini su eventuali complicità con l’Isis.

Sotto accusa sono le Unità di mobilitazione popolare, ovvero le milizie sciite che nel 2014 fecero in effetti da baluardo contro l’irruzione dell’Isis ma che poi sono state sempre più modellate sullo stampo dei pasdaran iraniani, fino a proporsi come un vero corpo militare al servizio dell’islam sciita. In questi due anni le Unità sono state spesso messe sotto accusa per le violenze ai danni dei civili sunniti, ma la copertura delle loro azioni, prima da parte del premier Nur al-Maliki e poi del suo successore Haydar al-Habadi, è stata totale.

Poco prima che partisse l’offensiva per la riconquista di Mosul, infatti, il parlamento di Baghdad ha approvato una legge che garantiva alle milizie (inquadrate nei ranghi dell’esercito, ma in realtà autonome nella catena di comando) un’immunità preventiva per eventuali “eccessi” commessi durante l’operazione militare. Un’altra dimostrazione di quel settarismo sciita che ha preso il posto del settarismo sunnita dei tempi di Saddam Hussein e che ha fatto e sta facendo all’Iraq analoghi danni.

 


 

Perché Babylon

Babilonia è stata allo stesso tempo una delle più grandi capitali dell’antichità e, con le mura che ispirarono il racconto biblico della Torre di Babele, anche il simbolo del caos e del declino. Una straordinaria metafora del Medio Oriente di ieri e di oggi, in perenne oscillazione tra grandezza e caos, tra civiltà e barbarie, tra sviluppo e declino. Proveremo, qui, a raccontare questa complessità e a trovare, nel mare degli eventi, qualche traccia di ordine e continuità.

Fulvio Scaglione, nato nel 1957, giornalista professionista dal 1981, è stato dal 2000 al 2016 vice direttore di Famiglia Cristiana. Già corrispondente da Mosca, si è occupato in particolare della Russia post-sovietica e del Medio Oriente. Ha scritto i seguenti libri: Bye Bye Baghdad (Fratelli Frilli Editori, 2003), La Russia è tornata (Boroli Editore, 2005), I cristiani e il Medio Oriente (Edizioni San Paolo, 2008), Il patto con il diavolo (Rizzoli, 2016). Prova a raccontare la politica estera anche in un blog personale: www.fulvioscaglione.com

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