Fra Johannes è arrivato a Gerusalemme nel febbraio 2016. Poiché il nome non lo rivela, vi diciamo che questo francescano sorridente e sempre pronto a sfoderare la sua macchina fotografica è cinese. Ha lasciato il suo Paese natale per prestare servizio in Custodia. La sua missione: guidare i gruppi di pellegrini cinesi in Terra Santa. Un soggiorno negli Stati Uniti e gli studi compiuti presso lo Studium Biblicum Franciscanum, la facoltà di Scienze bibliche e Archeologia di Gerusalemme, lo hanno ben preparato a questo compito. «C’è grande necessità di guide cattoliche cinesi per rispondere ai bisogni spirituali dei pellegrini», spiega. Negli ultimi cinque anni, quando abitava ancora in Cina, ha accompagnato più di 15 gruppi, e la sua agenda oggi fa in fretta a riempirsi. È un fatto: il numero di pellegrini cinesi raddoppia di anno in anno. Questo dato dell’Ufficio francescano per i pellegrini (Franciscan Pilgrims Office) per il 2015 rivela una tendenza nuova, che «obbliga» la Custodia di Terra Santa ad adattarsi a questi cristiani dell’altro capo del mondo.
È molto difficile disporre di cifre precise, ma i cristiani in Cina si contano a decine di milioni. Sono cattolici o protestanti, della Chiesa ufficiale approvata dal governo o della Chiesa «clandestina». Negli ultimi anni, la Cina consente ai religiosi di circolare più liberamente. Ma l’organizzazione dei pellegrinaggi resta complicata, soprattutto a causa della mancanza di una vera libertà religiosa. «Per motivi vari, non è possibile affiggere una lista all’uscita della chiesa perché chiunque possa iscriversi al pellegrinaggio. Al contrario, i gruppi sono organizzati in maniera molto discreta, tramite il passaparola», spiega fra Johannes. Ufficialmente si tratta quindi di semplici turisti, che vanno in Israele con un fine non dichiarato di pellegrinaggio.
Fra Lionel Goh, originario di Singapore, da molti anni al servizio della Custodia, si è reso conto già da qualche tempo del grande bisogno di guide cattoliche parlanti cinese.
Questi pellegrini sono infatti per lo più ultracinquantenni, e per molti di loro si tratta del primo viaggio all’estero. Quasi nessuno parla inglese, o comunque un’altra lingua. «Non appena arrivano, cerco di insegnar loro quelle poche parole di cui potrebbero aver bisogno – racconta fra Johannes –. Purtroppo non sanno come esprimersi, fosse anche semplicemente per comprare una bottiglia d’acqua o un rosario. A volte mi ritrovo a dover fare da intermediario a trenta persone che vogliono comprare souvenir nello stesso momento», aggiunge ridendo.
«Il più delle volte – spiega fra Lionel – questi pellegrini sono guidati da donne cinesi atee sposate con israeliani. Non hanno alcuna cognizione della fede cristiana e organizzano il soggiorno come un qualsiasi viaggio turistico, non come un pellegrinaggio. Diversamente da Paesi come l’Italia, la Francia o la Germania, in Terra Santa non ci sono comunità cinesi locali in grado di guidare spiritualmente i pellegrini». Fra Lionel incontra diversi gruppi, e ha moltissimi aneddoti da raccontare sulle difficoltà che riscontrano per la mancanza di guide cattoliche: «Una volta ho parlato con un anziano signore di 80 anni. Aveva passato 20 della sua vita in prigione a causa della sua fede, e aveva investito tutti i risparmi in questo viaggio. Ma la guida non lasciava mai al gruppo il tempo di pregare nelle chiese: dopo le spiegazioni e le foto, erano costretti a ripartire subito alla volta del luogo successivo. Quest’uomo ha dovuto impuntarsi e “lottare” per poter recitare il rosario nei santuari».
È per questo che fra Lionel, da qualche anno, si sta impegnando per far sì che la Custodia curi di più l’accoglienza di questi cristiani dell’Estremo Oriente. Le iniziative sono diverse. Si va dalla creazione di borse di studio destinate a religiosi cinesi per incentivarli a venire a studiare allo Studium Biblicum Franciscanum, all’invito a confratelli di altre Province a prestare servizio in Custodia. È così che fra Johannes è arrivato qui, “prestato” per qualche anno dai francescani cinesi. Ma il sogno di fra Lionel era di creare qui una comunità di religiose cinesi formate espressamente all’accompagnamento spirituale dei pellegrinaggi in Terra Santa. Ora il progetto è cosa fatta.
Giusto un anno fa suor Anne si è trasferita nelle vicinanze della Città vecchia. La sistemazione di questo piccolo convento è stata possibile grazie al sostegno della Missione Pontificia, delle Figlie della Carità di San Vincenzo de’ Paoli e alle offerte di tanti cinesi in tutto il mondo. Se Dio vuole, altre religiose si uniranno a lei. Suor Anne fa parte di una congregazione cinese di recente fondazione, le cui religiose sono presenti soprattutto nelle parrocchie. Dopo gli studi a Parigi, ha vissuto a Lourdes, occupandosi dell’accompagnamento spirituale dei pellegrini.
Ripensa con noi alla sua esperienza: «Sono stata una delle prime suore mandate a Lourdes per fare accoglienza ai pellegrini cinesi. Abitando sul posto, avevamo più possibilità di organizzare il loro soggiorno adattandolo realisticamente alle loro esigenze». È merito suo aver dato la possibilità ai pellegrini di trovare in loco religiosi provenienti dal loro stesso Paese, in grado di aiutarli a comprendere meglio la spiritualità del santuario. L’anno scorso, è arrivata a Gerusalemme per studiare topografia, teologia e Bibbia. Dall’estate prossima sarà in grado di accompagnare i primi gruppi. «È molto importante conoscere i Luoghi santi e la loro storia, e avere anche nozioni di archeologia. Ma se non si conoscono i bisogni spirituali delle persone alle quali ci si rivolge, rimane tutto un po’ astratto. Le abitudini e le tradizioni in Cina sono molto diverse da quelle occidentali o del Medio Oriente. Siamo così lontani dal mondo cattolico romano! Il mio scopo è unire le due cose: che la Bibbia diventi viva per queste persone, che il loro soggiorno qui li rinnovi nella loro fede. È un’opportunità di catechesi straordinaria». Suor Anne sottolinea il bisogno per questi cristiani di venire in Terra Santa al fine di conoscere meglio la propria religione e di approfondire la propria fede; ricorda la testimonianza di uno di loro: «La fede mi è stata trasmessa dai miei genitori, dai miei nonni, dai missionari stranieri… Ora non ci sono più intermediari, Gesù è vivo! Non è più solo nel Vangelo, è presente nella mia vita, per sempre».
Fra Johannes potrebbe fare molti esempi: quando i pellegrini sono ben seguiti spiritualmente, l’esperienza si rivela davvero feconda. «In Cina – spiega – a scuola ci insegnano che Dio non esiste. Gesù è visto come un’invenzione e la Bibbia come un libro di racconti fantastici che non bisogna prendere sul serio!». Per aiutarli a familiarizzare con il Libro, il francescano va per gradi: «In ogni santuario, comincio con un inquadramento generale: contesto, geografia, storia. Poi leggiamo insieme il relativo passo biblico, che spiego; infine c’è un momento di preghiera comune, seguito da uno personale. Solo dopo c’è spazio per le foto!».
Anche nei prossimi mesi a Fra Johannes aspetta un grosso lavoro. E così anche fra Lionel e suor Anne. Per accogliere questi cristiani di un altro mondo, aiutandoli a comprendere il mistero dell’Incarnazione in questa Terra Santa e a riportare a casa con sé la luce del mondo.
(traduzione dal francese di R. Orlandi)
Cambia il profilo dei pellegrini
Secondo l’Ufficio francescano per i pellegrini, i cristiani occidentali (Europa e Nord America), che una volta rappresentavano la quasi totalità degli arrivi, oggi non sono che la metà circa. Asiatici e latino-americani sono sempre più numerosi.
L’Ufficio centrale di statistica israeliano calcola che nell’arco del 2016 siano stati poco più di 3 milioni gli arrivi di turisti, pellegrini e visitatori (questi ultimi sono i circa 170 mila che hanno sostato in Israele per un solo giorno).
La cifra è di poco inferiore a quella del 2015 (3 milioni e 108 mila) e continua a decrescere, anno dopo anno, sin dal 2013. Gli arrivi allora furono appena sotto i 3 milioni e 540 mila (di cui 578 mila in transito per una sola giornata).
Se gli ingressi dall’Europa, presa nel suo complesso, sono diminuiti del 6,6 per cento rispetto al 2015, si segnala però un incremento diffuso tra i turisti dell’area orientale: aumentati del 19,2 per cento gli ucraini, del 27,7 i croati, del 31,1 per cento i lettoni. Unica eccezione i russi, diminuiti del 31,3 per cento. Se si guarda più a ovest, vanno in controtendenza gli irlandesi, aumentati di quasi 22 punti percentuali. Gli arrivi italiani son calati del 3,5 per cento: 88 mila nel 2016 contro i 91 mila e 200 del 2015. In termini assoluti il primato europeo spetta alla Francia con i suoi 293 mila turisti verso Israele.
Son cresciuti del 5 per cento gli arrivi dal Nord America, dove però si registra una flessione tra i turisti messicani (- 6,9 per cento).
In costante crescita, invece, i visitatori provenienti dall’Asia. Nel 2016 sono stati 44 mila e 800 gli indiani (furono 39 mila e 500 nel 2015); 28 mila e 300 i sudcoreani (22 mila e 600 nel 2015); 85 mila e 900 i cinesi (47 mila 400 nel 2015); 22 mila e 800 gli indonesiani (22 mila nel 2015); 34 mila e 900 i turchi (26 mila e 700 nel 2015).
Il ministero del Turismo israeliano si è dato molto da fare per accogliere questi nuovi turisti, e in particolare i cinesi: corsi di lingua per le guide israeliane, laboratori e sessioni con cuochi cinesi per adattare l’offerta di hotel e ristoranti alle esigenze dei nuovi clienti… L’inaugurazione della tratta diretta Pechino-Tel Aviv da parte della compagnia Hainan Airlines nell’aprile 2016 è un’ulteriore tappa nell’avvicinamento dei due Paesi. La posta in gioco è alta: il numero di cinesi che viaggiano all’estero per turismo è in costante aumento; nel 2014 furono 116 milioni, con un giro d’affari di 120 miliardi di dollari. Incentivare la presenza cinese rappresenterebbe una boccata d’aria fresca. (h.m./g.s.)
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