(g.s.) – A Gerusalemme moltitudini di persone ogni anno si soffermano in raccoglimento davanti al Muro Occidentale (il Kotel, anche noto come Muro del Pianto). Molti, non solo di fede ebraica, si conformano alla consuetudine di infilare tra le ampie fessure delle antiche pietre bigliettini ripiegati su cui sono scritte preghiere, lodi o richieste personali rivolte a Dio. Così hanno fatto, in occasione dei loro pellegrinaggi in Terra Santa, anche i tre ultimi papi: Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco.
I bigliettini si accumulano e, di tanto in tanto, è necessario ripulire il muro per fare spazio ai nuovi foglietti. Sotto la supervisione di un rabbino, gli addetti sgombrano le fessure con l’aiuto di bastoni in legno (le sbarre di metallo sono bandite per non “ferire” il luogo sacro). Tutti i biglietti caduti a terra vengono poi raccolti e sepolti nel cimitero ebraico sul Monte degli Ulivi.
L’operazione si ripete due volte l’anno: alla vigilia della festa di Rosh HaShanà (il Capodanno ebraico) e nei giorni che precedono la solennità di Pesach (Pasqua).
Quel che resta del Muro occidentale – alla base dell’odierna Spianata delle Moschee, ove sorgeva il secondo Tempio giudaico, distrutto dai romani nel 70 d.C. – misura 488 metri di lunghezza. Gran parte si trova nel sottosuolo. La porzione all’aperto, adibita alla preghiera pubblica nell’ampio piazzale, è lunga circa 50 metri e alta 19.