Per il terzo anno consecutivo, in occasione della Pasqua, il presidente israeliano Reuven Rivlin si è recato – il 19 aprile – nella città vecchia di Gerusalemme per incontrare i rappresentanti religiosi delle diverse confessioni cristiane e porgere loro i suoi auguri. Stavolta l’incontro si è svolto nel palazzo del patriarcato latino, dove Rivlin è stato accolto dall’amministratore apostolico, mons. Pierbattista Pizzaballa, alla presenza del patriarca greco-ortodosso Theophilos III, del custode di Terra Santa fra Francesco Patton e dell’arcivescovo Sevan Gharibian, gran sagrestano del patriarcato armeno.
«Vogliamo ringraziarla per la sua sensibilità verso la presenza cristiana in Terra Santa, in questa città e in Israele in generale – ha esordito mons. Pizzaballa rivolgendosi al presidente –. È importante incontrare le comunità cristiane qui a Gerusalemme. È vero che non siamo molto numerosi, ma siamo parte integrante dell’identità di questa città, una parte senza la quale Gerusalemme non sarebbe la stessa».
L’arcivescovo ha continuato: «Quest’anno la Pasqua cristiana è caduta negli stessi giorni di quella ebraica. Malgrado qualche inevitabile problema organizzativo, è stato buffo vedere i poliziotti israeliani, venuti in forze in città vecchia, alle prese con quello che deve essere un grande mistero per loro – distinguere un cattolico da un ortodosso e indirizzarlo al posto giusto – e nel frattempo regolare i flussi degli ebrei verso il Kotel (il Muro occidentale – ndr) e dei musulmani verso le moschee.
Questa «felice confusione è tipica di Gerusalemme», dove si crea un mosaico di pellegrini convenuti da tutto il mondo. «Questa unicità deve essere preservata», ha sottolineato Pizzaballa. «Lo scambio di auguri non è il momento per affrontare i problemi, avremo altre opportunità per parlare delle nostre preoccupazioni, non qui e non ora».
«Non è facile – ha proseguito l’arcivescovo – spiegare ai nostri fedeli, dopo i massacri avvenuti in Egitto all’inizio della Settimana Santa, che Gesù ha vinto il potere della morte. Non c’è fede senza speranza e già oggi noi siamo liberati malgrado la violenza e la persecuzione. Al Masih Qam! “Cristo è risorto!”», ha poi concluso in arabo.
Da parte sua, il patriarca greco-ortodosso ha sottolineato l’importanza di Gerusalemme come città multietnica nella quale coabitano molte religioni, osservando che potrebbe essere un esempio di coesistenza armoniosa e una sintesi di tradizioni e civiltà. «In questi giorni di celebrazioni comuni – ha commentato Theophilos III – noi vediamo la relazione profonda che unisce gli ebrei e i cristiani come figli di Abramo, al quale sono legati anche i nostri fratelli e sorelle musulmani».
«La comunità ebraica ha appena celebrato Pesach, festa della rinascita. Ma mentre celebriamo queste festività dobbiamo fare i conti con un male antico» ha esordito il presidente Rivlin facendo riferimento agli attentati in Egitto e alla guerra in Siria. Ha poi proseguito osservando che il popolo ebraico sa meglio di chiunque altro cosa significhi pregare nella paura. Rivlin ha rimarcato che Israele si è impegnato a proteggere la libertà di culto e le libertà fondamentali, cosa vera – ha sottolineato – «settant’anni fa, quando David Ben Gurion proclamò la nostra indipendenza, e altrettanto vera oggi, come lo fu cinquant’anni fa, quando Israele riunificò Gerusalemme consentendo agli ebrei di ritornare nella città vecchia».
«Dentro le sue antiche mura – ha concluso Rivlin – noi possiamo celebrare secondo la nostra rispettiva fede; possiamo far crescere le nostre comunità e, sulle orme del passato, costruire un avvenire comune, insieme».