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Tortura in Siria, gli scatti di Caesar in mostra a Milano

Ilaria Sesana
3 marzo 2017
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Tortura in Siria, gli scatti di Caesar in mostra a Milano
Il pubblico visita l'edizione romana della mostra.

Dal 3 all'8 marzo è a Milano la mostra fotografica Nome in codice: Caesar. Detenuti siriani vittime di tortura che illustra l’orrore delle prigioni siriane. Scatti di vittime trafugati da un ufficiale della polizia militare.


Le foto sono solo una trentina. Ma ciascuna colpisce l’osservatore come un pugno in pieno viso: corpi scheletrici, letteralmente consumati dalla fame, volti pesti, orbite vuote. Orribili cicatrici e segni di bruciatura a segnare la pelle. Nome in codice: Caesar. Detenuti siriani vittime di tortura è il titolo della mostra in programma fino all’8 marzo a Milano (presso l’ex Fornace Gola – Alzaia Naviglio Pavese, 16) che illustra l’orrore delle prigioni siriane e testimonia quanto accaduto nell’arco di tre anni agli oppositori del regime del presidente Bashar al Assad incarcerati.

Le immagini in mostra a Milano – dopo essere state esposte al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite, al Museo dell’Olocausto di Washington, al Parlamento europeo e al Maxxi di Roma – sono una selezione tra le oltre 55 mila fotografie scattate dopo il 2011 e trafugate da un ex ufficiale della polizia militare siriana identificato con il nome in codice “Caesar”. Il suo compito era quello di documentare quanto accadeva ai detenuti nelle carceri siriane. «Detenuti sotto custodia del governo sono stati picchiati a morte o sono morti come conseguenza di ferite patite a causa di torture. Altri sono morti a causa di condizioni detentive inumane. Il governo ha commesso crimini contro l’umanità come: sterminio, assassinio, stupro o altre forme di violenza sessuale, tortura, sparizione forzata, o altri atti disumani. Per via della medesima condotta sono stati commessi anche crimini di guerra», ha dichiarato lo stesso Caesar nel Rapporto varato dalla Commissione d’inchiesta sulla Siria costituita dal Consiglio per i diritti umani dell’Onu (Ohchr).

La mostra è stata portata in Italia da un comitato composto da Amnesty International Italia, Federazione Nazionale Stampa Italiana (Fnsi), Focsiv-Volontari nel Mondo, Un Ponte Per, Unione delle Università del Mediterraneo (UniMed) e Articolo21. Organizzatori della Mostra, con il patrocinio del Comune di Milano, sono la ong Celim-Impact to Change e l’associazione Zeppelin, con la collaborazione dell’Associazione lombarda giornalisti.

«Portando questa mostra in Italia abbiamo voluto offrire non solo la possibilità di vedere queste immagini, ma abbiamo anche voluto promuovere una serie di iniziative per promuovere una crescita di consapevolezza sulla drammaticità della vera questione siriana», spiega Riccardo Cristiano, giornalista, tra i promotori della mostra per conto della Fnsi.

L’evento inaugurale è previsto per venerdì 3 marzo (alle 19.00) con il dibattito This is Syria Today, al quale parteciperanno personalità del mondo accademico, giornalistico e culturale milanese, tra le quali: il linguista ed orientalista Paolo Branca dell’Università Cattolica di Milano; Danilo De Biasio, organizzatore del Festival Diritti Umani; lo scrittore e attivista Shady Hamadi. Ospiti d’eccezione dell’inaugurazione il testimone sopravvissuto alle carceri siriane Mazen Alhummada, il giornalista inviato Rai Amedeo Ricucci, il presidente di Focsiv Giancarlo Cattai. Moderatore del dibattito sarà il giornalista ed attivista italo-siriano Fouad Rouehia.

Un’occasione preziosa dunque per accendere una luce sul dramma dei detenuti nelle carceri siriane. In larga parte semplici attivisti e persone comuni colpevoli di aver chiesto libertà, giustizia e democrazia. «La vastità delle violazioni dei diritti umani in Siria è ampiamente documentata, tra gli altri da Amnesty International e Human Rights Watch – spiega Riccardo Cristiano –. Quello che emerge chiaramente dalle foto di Caesar è la metodicità della macchina repressiva siriana. Accanto a ogni corpo fotografato c’è un numero, e il nome di ogni vittima è stato registrato accanto a quel numero in uno schedario: siamo di fronte a una vera e propria fabbrica della morte». Un archivio dell’orrore che potrebbe essere stato ispirato da Alois Brunner, ex gerarca nazista che dopo la Secondo guerra mondiale trovò rifugio in Siria e contribuì in maniera determinate all’organizzazione dei feroci servizi segreti siriani.

Tra gli altri eventi in programma a margine della mostra, la proiezione del film-documentario Eau argentée – Autoritratto siriano, del regista Ossama Mohammed, cineasta siriano esule a Parigi (sabato 4 marzo alle 19.00); la rappresentazione teatrale e presentazione del libro La Macchina della Morte (Rizzoli, 2016) con l’autrice Dorothèe Camille Garance Le Caisne che in questi anni ha raccolto e pubblicato la testimonianza di Casear (martedì 7 marzo alle ore 19.00).

La chiusura di questa iniziativa è affidata al dibattito Diritti umani e diritti delle donne violati in Siria in programma l’8 marzo (ore 19.00) con la partecipazione di Asmae Dachan, giornalista e scrittrice italo-siriana, e Almudena Bernabeu, avvocato per i diritti umani.

La mostra Nome in codice: Caesar. Detenuti siriani vittime di tortura, con ingresso gratuito, osserverà il seguente orario:
• venerdì 3 e sabato 4 marzo dalle ore 10.00 alle 22.00
domenica 5: dalle 10.00 alle 20.00
lunedì 6, martedì 7 e mercoledì 8 marzo: dalle 10.00 alle 21.00
A Milano presso l’ex Fornace Gola – Alzaia Naviglio Pavese, 16

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