Dentro la grotta di Betlemme, nei panni di un pastore, o di un ragazzino attratto da tutta quella luce; sulla porta di Gerusalemme, confuso tra la folla che acclama l’ingresso di quel personaggio pieno di fascino e di mistero; sul lago di Tiberiade, tra i pescatori che si affaticano a riva per tirare in secco una rete traboccante; alla mensa di Cana, con un boccale del vino buono apparso sulla mensa al momento giusto… Sono innumerevoli gli episodi evangelici nei quali calarsi come nella ricostruzione interiore di una scena conosciuta a memoria, personaggio tra gli altri, consegnato alla storia dalla pagina o liberamente aggiunto dalla fantasia credente.
Entrare nel Vangelo nei panni di qualcuno che a quella scena realmente (o verosimilmente) partecipò è un modo per cogliere ciò che la semplice lettura non è in grado, da sola, di fare: ovvero che siamo dentro una storia viva e vibrante, vera sin nei suoni e nella polvere che si leva a ogni passo sulla strada che scende a capofitto da Gerusalemme a Gerico. C’è un luogo dove tutto è accaduto davvero, quel giorno, con quelle persone presenti, e tra loro posso esserci anch’io, solo che estragga la narrazione degli evangelisti dalla libreria e la riconsegni alla vita.
Sono i santi a spiegarci che la storia di Gesù è in grado di parlarci ancora oggi proprio perché, a un certo punto, diventa chiaro che «è tutto vero», accaduto, testimoniato. Tutto nasce da una nuova prospettiva di lettura e meditazione, come spiega uno che di questo approccio fu convincente assertore: «Per giungere vicino al Signore attraverso le pagine del santo Vangelo – scrisse san Josemaría Escrivá – raccomando sempre di sforzarvi di “entrare” nella scena in modo da parteciparvi come un personaggio tra gli altri. In tal modo – molte anime semplici e normali, di mia conoscenza, lo fanno con naturalezza – vi immedesimerete con Maria, che pende dalle parole di Gesù, oppure, come Marta, avrete il coraggio di esporgli con sincerità le vostre inquietudini, anche le più minute» (Amici di Dio, n. 222). Al fondatore dell’Opus Dei questo sguardo vivido sul Vangelo come narrazione di fatti reali vissuti da persone concrete ispirò una spiritualità «materialista», come la definiva col suo humour, ovvero calata nella vita reale, com’è reale e concreta la vita dei laici ai quali è rivolto il messaggio dell’Opus Dei. Tutto, a ben vedere, passa da questa percezione tridimensionale del Vangelo.
Con la sfida di cercare un simile sguardo incisa dal fondatore, l’Opus Dei è cresciuta nel desiderio della Terra Santa: la preghiera quotidiana di migliaia di membri di quella che dal 1982 è una Prelatura personale li porta spontaneamente sui passi di Gesù, nei villaggi della Galilea e tra i vicoli di Gerusalemme, nel deserto di Giuda e sulle barche dei pescatori. Perché è da lì che arriva la chiamata a una vita trasformata dalla parola evangelica fresca e nuova come quando fu pronunciata. Eppure il sogno di una presenza dell’Opera in Terra Santa è rimasto sempre tale. Fino ad oggi.
Dopo una gestazione di 23 anni sta arrivando infatti a compimento il progetto di Saxum, un grande centro internazionale di formazione, punto di appoggio per pellegrini e potenziale snodo di percorsi inediti e suggestivi, collocato com’è a 18 chilometri da Gerusalemme, nel villaggio di Abu Gosh, lungo la strada per Tel Aviv, e dunque facilmente raggiungibile da gruppi che arrivano dall’aeroporto o vi stanno tornando per il rientro in Italia.
La struttura adagiata con discrezione sul fianco di una collina si rivela nella sua ampiezza quando si arriva sulla grande balconata che dà accesso al centro. Una vera sorpresa, che lascia trasparire l’intento dei progettisti (e la stessa idea di fondo): non «imporsi» con un grande edificio ma «proporsi» come un luogo di pace e di cultura, di incontro e di riflessione, soprattutto di vera conoscenza di quel che la meditazione viva del Vangelo evoca e suggerisce. Escrivà desiderava che gente di tutto il mondo potesse «pregare, inginocchiarsi e baciare la terra sulla quale passò Gesù». Parole di chi per primo successe al fondatore – proclamato santo da Giovanni Paolo II nel 2002 –, don Alvaro del Portillo, a sua volta beato – dal 2014 –, al quale Saxum deve il suo nome, e non solo. Così infatti san Josemarìa soprannominò quell’ingegnere madrileno così serio, buono e tenace che, divenuto sacerdote, fu la sua ombra per lunghi anni, il suo interprete più affidabile. La fedeltà di don Alvaro gli fruttò dunque l’appellativo che Gesù riconosce a Pietro come un sigillo. La stessa fedeltà portò il primo prelato dell’Opus Dei, nominato vescovo da papa Wojtyla, a compiere nel 1994 il pellegrinaggio in Terra Santa che Escrivà non riuscì a realizzare per la sua morte improvvisa, nel 1975. Gli 80 anni di vita e i 50 di sacerdozio convinsero del Portillo che era arrivato il momento. Quel che non poteva immaginare è che il Signore gli regalava quella gioia tanto attesa – un viaggio concluso con la Messa al Cenacolo – per poi chiamarlo a sé il giorno successivo al suo ritorno a Roma. Quello stesso anno il progetto di Saxum – un nome a ormai inciso nella storia dell’Opera e del suo legame spirituale con Israele – iniziò a prendere corpo con la prima elaborazione del progetto di un complesso per l’accoglienza dei pellegrini – tutti, non solo persone della Prelatura – in Terra Santa. Oltre alla collocazione in un punto strategico, Abu Gosh fu scelta per il suo richiamo a Emmaus, luogo e momento chiave della chiamata alla testimonianza del Risorto, rimando simbolico al cambiamento di vita, all’annuncio, al ritorno a Gerusalemme. E proprio la strada di Emmaus promette di diventare anche grazie a Saxum uno dei percorsi più interessanti nei prossimi anni grazie al cammino a piedi che dalla Città Santa porta alla meta dei due discepoli evangelici, un percorso inedito, pellegrinaggio nel pellegrinaggio, denso di suggestioni.
Saxum sta per fedeltà, coraggio, fortezza: la pietra salda e sicura sulla quale si può poggiare un’avventura apostolica come quella del nuovo centro la cui inaugurazione è prevista in due fasi: in maggio (sul calendario di Abu Gosh hanno segnato il 12, memoria del beato Alvaro del Portillo) l’apertura del Centro visitatori, la grande area multimediale aperta ai gruppi e ai pellegrini di passaggio, con un approfondimento degli aspetti storici, religiosi e geografici della Terra Santa proposto attraverso un’esperienza immersiva inedita e coinvolgente; e a giugno la zona residenziale, destinata a ospitare attività formative, ritiri e iniziative culturali per un’accoglienza complessiva di 2 mila persone l’anno, da soggiorni di pochi giorni a periodi più distesi. Ma non basta: accanto alla proposta per i pellegrini, Saxum promuoverà attività di formazione per guide di Terra Santa, farà crescere professionalità locali nel campo dell’accoglienza turistica con una scuola ad hoc per giovani della zona, mentre sta già aiutando a perfezionare la conoscenza delle lingue attraverso Polis (The Jerusalem Institute for Languages and Humanities), iniziativa culturale di calibro accademico che insiste sullo sviluppo integrale delle nuove generazioni, nello spirito di una convivenza fraterna ma rispettosa dell’identità di ciascuno. A conferma del fatto che alla radice dell’intera operazione c’è davvero assai più della costruzione di una «casa per pellegrini».
Tutto questo sarà trasparente nei 7 mila metri quadri di Saxum, che hanno visto la collaborazione di un’équipe progettistica internazionale coordinata da uno studio di Gerusalemme (gli architetti Goldshmidt, Arditty e Ben Nayim) insieme a Rhl Architettura di Roma, per un’operazione avviata nel novembre 2013 e condotta con manodopera locale. Come spiega Antonio José Quintana Velasco, esperto di organismi non profit e segretario generale della Saxum Foundation, l’ente internazionale che coordina l’iniziativa, la scelta del villaggio tra le colline di Giudea e il mare non è solo legata a questioni logistiche: «Il luogo, un tempo Kiryat Ye’arim, è ricco di storia – ha dichiarato in un’intervista –. L’Arca dell’Alleanza rimase qui per lungo tempo, e alcuni ipotizzano che Emmaus fosse proprio Abu Gosh. Questi elementi ci convinsero che era il luogo perfetto. Ritenevamo che rappresentasse il riflesso della pace che volevamo costruire considerando che è un ambiente tranquillo, a poca distanza da Gerusalemme, ed è un esempio di coesistenza tra diverse culture in Israele».
Ma l’intero progetto non è solo il riflesso di una pur suggestiva intuizione a tavolino. Saxum infatti prende forma grazie a una straordinaria colletta che sinora ha coinvolto più di 100 mila donatori privati di 40 Paesi – gli Amici di Saxum – ciascuno di loro a pieno titolo «costruttore» di un’opera che nasce come un germoglio sulla pianta viva dell’Opus Dei, e che dalla Prelatura verrà curata per l’animazione spirituale ma che è costitutivamente aperto a tutti, un’espressione della «Chiesa in uscita» che rifugge l’autoreferenzialità. «Dobbiamo ringraziare il Signore – ha detto mons. Pierbattista Pizzaballa, amministratore apostolico di Gerusalemme dei Latini celebrando la prima Messa del futuro centro, l’11 novembre 2016, davanti a 450 persone da 30 Paesi –. Non sono mai abbastanza le iniziative per rafforzare il carattere cristiano di questa terra e per la piccola ma vivace comunità cristiana locale».
Un prologo spirituale, a pochi giorni dagli Holy Land Dialogues, forum culturale e interreligioso che a Gerusalemme ha segnato l’avvio delle attività di Saxum.
Una nuova, piccola fonte di acqua viva nella Terra del Signore, una tappa di serena meditazione nel corso del pellegrinaggio, che si aggiunge alle numerose già attive: questo vuole essere Saxum, nello spirito di Emmaus.
Terrasanta 2/2017
Il sommario dei temi toccati nel numero di marzo-aprile 2017 di Terrasanta su carta. Tutti i contenuti, dalla prima all’ultima pagina, ordinati per sezioni. Buona lettura!
Egitto, i cristiani del Sinai nel mirino dello Stato islamico
Dato che non riescono a prevalere militarmente o seguaci del Califfato attaccano ora la minoranza cristiana, secondo la strategia più tipica dell’islamismo.
Il restauro della Tomba di Cristo
Al termine di un complesso iter di interventi sull'edicola del Santo Sepolcro, è giunta la sorpresa dell’apertura della tomba vuota che essa racchiude, con una ricognizione dell’interno.