Potrà sembrare incredibile ma anche la prospera economia saudita è entrata in crisi. E il governo di Riyadh mette mano alla leva fiscale, a spese dei cittadini e dei milioni di lavoratori stranieri.
La pacchia è davvero finita, anche per l’Arabia Saudita. Mentre gli occhi di quasi tutti erano puntati sulla Russia di Vladimir Putin e sul drammatico crollo delle rendite petrolifere del Cremlino, anche dalle parti di Riyadh molti nodi venivano al pettine. Un taglio ai sussidi, una sforbiciata ai salari degli impiegati pubblici, nel 2015 la decisione (senza precedenti nella storia del regno) di prendere a prestito quasi 16 miliardi di dollari sul mercato finanziario internazionale. Il tutto nascosto sotto il belletto di Saudi Vision 2030, un piano per la diversificazione (rispetto al petrolio) e il rilancio dell’economia (le previsioni per i prossimi cinque anni parlano di una crescita annua intorno al 2 per cento, cioè cinque punti sotto la media del quinquennio 2011-2015) accolto con molta freddezza dalle agenzie di rating.
Qualcosa, anzi molto non ha funzionato. Tanto che nelle ultime settimane Mohammed Jadaan, ministro saudita delle Finanze, ha dovuto smentire un voce che si stava facendo ricorrente e ipotizzava l’incredibile: ovvero, l’introduzione nel regno di una tassa sul reddito sia per i sauditi sia per gli stranieri che nel regno lavorano.
A tanto non si è arrivati, ma sono state prese misure che, per le abitudini saudite, sono quasi draconiane. I prezzi al consumo di acqua, gas, energia elettrica e carburanti smetteranno di essere sussidiati e il prezzo sarà periodicamente aggiornato in base all’andamento dei mercati internazionali, con un secco incremento dei costi per i cittadini. I quali, peraltro, dovranno anche affrontare un ulteriore aumento delle tasse municipali. Dopo aver già reso più salato il costo dei visti per i turisti e i viaggiatori d’affari, il governo si appresta a varare una tassa sugli stranieri che lavorano in Arabia Saudita e sui loro dipendenti, con l’unica esclusione delle lavoratrici e dei lavoratori domestici. Tassa progressiva, che arriverà a 213 dollari al mese per persona entro il 2020.
A partire dalla seconda metà di quest’anno verrà imposta un’accisa del 100 per cento sui tabacchi e del 30 per cento sulle bibite zuccherate. E dal 2018, in Arabia Saudita, come negli altri Paesi che partecipano al Consiglio di Cooperazione del Golfo Persico (Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman e Qatar), sarà introdotta una specie di Iva, una tassa sulle transazioni commerciali.
Insomma: il governo saudita va a caccia di quattrini e li vuol spremere dalle tasche dei contribuenti. Anche perché l’Autorità monetaria dell’Arabia Saudita, di fatto la Banca centrale del regno, ha avvertito che le sue scorte in valuta hanno toccato, nel mese di gennaio, il livello più basso degli ultimi sei anni: 541 miliardi di dollari.
Si apre così un periodo ricco di incognite. Come reagiranno i sudditi sauditi per la prima volta davvero scottati dal fisco? E come reagiranno gli stranieri che lavorano in Arabia Saudita (circa il 30 per cento della popolazione totale di 30 milioni di persone) e senza i quali il regno non potrebbe andare avanti? Un recente sondaggio HSBC ha stabilito che il 34 per cento di loro manifestava già l’intenzione di andarsene a causa dell’alto costo della vita e del caro prezzi. Con il caro tasse…
Perché Babylon
Babilonia è stata allo stesso tempo una delle più grandi capitali dell’antichità e, con le mura che ispirarono il racconto biblico della Torre di Babele, anche il simbolo del caos e del declino. Una straordinaria metafora del Medio Oriente di ieri e di oggi, in perenne oscillazione tra grandezza e caos, tra civiltà e barbarie, tra sviluppo e declino. Proveremo, qui, a raccontare questa complessità e a trovare, nel mare degli eventi, qualche traccia di ordine e continuità.
—
Fulvio Scaglione, nato nel 1957, giornalista professionista dal 1981, è stato dal 2000 al 2016 vice direttore di Famiglia Cristiana. Già corrispondente da Mosca, si è occupato in particolare della Russia post-sovietica e del Medio Oriente. Ha scritto i seguenti libri: Bye Bye Baghdad (Fratelli Frilli Editori, 2003), La Russia è tornata (Boroli Editore, 2005), I cristiani e il Medio Oriente (Edizioni San Paolo, 2008), Il patto con il diavolo (Rizzoli, 2016). Prova a raccontare la politica estera anche in un blog personale: www.fulvioscaglione.com