(a.p.) – L’ormai celebre albergo del graffitista Banksy a Betlemme, presentato alla stampa il 3 marzo scorso, ha aperto le porte al pubblico il giorno 11. Come hanno reagito i palestinesi a questa operazione tanto pubblicizzata? Gli abitanti delle case vicine, che hanno costantemente davanti agli occhi «la peggiore vista del mondo» – come recita lo slogan pubblicitario dell’albergo alludendo all’alto muro di separazione israeliano -, sembrano non apprezzare il nuovo Walled Off Hotel, di proprietà dell’artista dalla fama internazionale.
Bansky dipinge in Palestina da molto tempo: più volte ha realizzato graffiti sui muri che circondano la Cisgiordania e Gaza. L’hotel si trova non lontano dalla sua celebre «colomba della pace al centro del mirino». Grazie alle sue immagini dalla connotazione politica, l’artista a più riprese ha richiamato l’attenzione sulla realtà dell’occupazione. Ma l’uomo, la cui vera identità resta tuttora misteriosa, era riuscito a tener segreto il progetto dell’albergo. Il mondo ha scoperto con sorpresa la sua nuova creazione, che era passata inosservata fino ai primi del mese nonostante i lavori durati un anno. L’edificio, situato ai piedi del muro che racchiude la Tomba di Rachele a Betlemme, ha le finestre affacciate sulla barriera di cemento che divide Israele e Palestina.
L’apertura del Walled Off, gioco di parole che rimanda alla catena di hotel di lusso Waldorf, ha suscitato reazioni contrastanti. Da una parte ci sono i fan di Bansky che non vedono l’ora di trascorrere una notte nei suoi spazi tra i graffiti. Il sito Internet dell’albergo dichiara che «lo scopo del Walled Off è soprattutto raccontare la storia del muro, dandovi la possibilità di scoprirla. I giovani israeliani saranno i benvenuti». Sull’altro versante ci sono i palestinesi che hanno la sensazione di aver a che fare con uno sfruttamento piuttosto malsano della sofferenza.
Una famiglia palestinese aveva già aperto una Pensione Banksy a Betlemme una decina d’anni fa. Il proprietario aveva visto il misterioso graffitista intento a dipingere il muro accanto al proprio stabile e gli aveva chiesto di poter utilizzare il suo nome d’arte – Banksy – per la pensione. L’albergo appena inaugurato va però ben oltre.
Secondo l’artista palestinese Ayed Arafah «le persone vengono qui per fotografare i graffiti. Questo angolo diventa una specie di Disneyland; è come si abitassimo in uno zoo…». Non pochi pensano che questa sia semplicemente un’operazione di marketing «sulle spalle dei palestinesi che vivono sotto occupazione». Il muro non dovrebbe diventare un’attrazione turistica. Osserva Karim Kattan, che lavora al progetto della rete culturale palestinese el-Atlal: «Siamo colonizzati anche dentro le nostre teste. Stiamo celebrando un artista che approfitta della situazione di occupazione di un Paese in cui l’industria turistica, con i suoi numerosi alberghi, è già in crisi».
Insomma, a Betlemme l’albergo di Bansky sembra avere il sapore di un progetto per borghesi anticonformisti.