Siamo ormai alla vigilia della celebrazione ecumenica in programma il 22 marzo, a conclusione dei lavori di restauro dell’edicola della tomba vuota di Gesù risorto.
Le maestranze coordinate dalla professoressa Antonia Moropoulou sono all’opera notte e giorno per le ultime rifiniture intorno all’edicola. Tutto deve essere pronto entro le 10 di domattina, quando le Chiese riunite in preghiera solenne contempleranno i risultati di dieci mesi di cantiere.
Nelle prime file dell’assemblea siederanno i rappresentanti delle tre Chiese firmatarie – giusto un anno fa – dell’accordo che ha reso possibile realizzare l’intervento di restauro: il patriarca greco-ortodosso Teofilo III, il Custode di Terra Santa fra Francesco Patton e il patriarca armeno apostolico Nourhan Manoughian. Accanto a loro siederà l’arcivescovo Pierbattista Pizzaballa, attuale amministratore apostolico del patriarcato latino di Gerusalemme, che appose la sua firma all’accordo quando era Custode di Terra Santa.
Non mancheranno gli ecclesiastici delle altre Chiese che gravitano sul Santo Sepolcro. Copti, siriaci ed etiopi saranno presenti, insieme ai rappresentanti delle altre confessioni cristiane di Terra Santa. Dovrebbero partecipare al momento di festa anche ospiti di riguardo: è atteso, ad esempio, il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I. L’ultima volta che mise piede a Gerusalemme fu in occasione del pellegrinaggio con Papa Francesco nel 2014, in ricordo dell’incontro di cinquant’anni prima tra il suo predecessore Atenagora e papa Paolo VI. La sua presenza in questa occasione rende palpabile l’afflato ecumenico che le Chiese hanno avvertito in occasione dei lavori. Anche la Santa Sede dovrebbe inviare un rappresentante di alto rango.
È noto che Roma segue con attenzione gli sviluppi delle relazioni ecumeniche in Medio Oriente. Sabato scorso, 18 marzo, un comunicato ufficiale della Custodia di Terra Santa ha confermato una notizia già trapelata a Roma giorni prima e cioè che il Papa ha voluto contribuire in modo sostanziale ai lavori di restauro al Santo Sepolcro e alla basilica della Natività, trasmettendo un milione di dollari alla Custodia. La quale precisa che mezzo milione è destinato a un’ulteriore fase di lavori al Santo Sepolcro. In effetti le Chiese responsabili della basilica stanno riflettendo sulla possibilità di mettere in cantiere una fase di interventi nel sottosuolo, come suggerito dalla professoressa Moropoulou per non vanificare i risultati ottenuti con i lavori appena conclusi.
L’edicola che racchiude, come in uno scrigno, ciò che resta della tomba di Gesù è stata consolidata, riparata, stabilizzata e ripulita, ma le cause della sua fragilità non sono state eliminate del tutto: resta da risolvere il problema della cronica umidità che sale dal sottosuolo.
Come tutti sanno, Gerusalemme è costruita sulla roccia; meno noto è il fatto che nella città santa piove tanto quanto a Londra e le acque, una volta che penetrano nella roccia, non potendo penetrare più in profondità ristagnano oppure risalgono verso la superfice attraverso una rete capillare di venature da dove evaporano generando un alto livello di umidità in tutti gli edifici della città, inclusa la basilica. Se a ciò aggiungiamo le polle d’acqua presenti nel sottosuolo dell’edificio a causa della presenza di edifici precedenti, e dalle perdite di una canalizzazione ormai vetusta ci sono tutti gli ingredienti perché, malgrado i lavori appena realizzati sull’edicola, l’acqua e l’umidità riprendano il loro lento ma inesorabile lavoro di erosione.
Intanto, la mattina di mercoledì 22 marzo alle 10, i pochi invitati presenti non nasconderanno la loro soddisfazione. Non si può amare oltre misura lo stile barocco ottomano del piccolo edificio, ma, per contro, non si può far a meno di apprezzare i risultati dei lavori appena conclusi.
Al centro della grande rotonda grigiastra l’edicola si eleva fiera. Spoglia delle lampade a oli e delle altre decorazioni di cui l’avevano adornata le Chiese (e che verranno ricollocate al loro posto in una fase successiva) ha la freschezza di un neonato.
Il finanziamento dei lavori
I restauri dell’edicola del Santo Sepolcro sono stati realizzati sulla base di un preventivo che si aggirava intorno ai 3,5 milioni di dollari. Non è dato sapere, al momento, se la stima sia stata rispettata o invece superata e, in tal caso, di quanto.
L’intervento straordinario è stato finanziato dalle tre principali confessioni cristiane responsabili della basilica: i greco-ortodossi, i francescani (per la Chiesa cattolica) e gli armeni. Ai loro fondi si sono aggiunti i finanziamenti pubblici stanziati dal governo greco e da benefattori privati. Il Fondo mondiale per i monumenti (Wmf, organizzazione no profit con sede a New York) ha giocato un ruolo di primo piano nel convogliare i fondi necessari.
Per limitarci ai contributi raccolti nella regione mediorientale, re Abdallah II di Giordania ha versato una makruma (una somma a titolo di beneficenza regale) e il presidente dell’Autorità Palestinese, Mahmoud Abbas, non ha voluto essere da meno.
Il costo della nuova fase dei lavori è già stato stimato in 6 milioni di dollari. Si tratterà di sollevare la pavimentazione tutt’attorno all’edicola, rifare le canalizzazioni, restaurare le pietre del lastricato o sostituirle con altre identiche; consolidare le fondamenta dell’edicola; garantire la stabilità sismica dell’insieme. Verosimilmente questi lavori potrebbero anche consentire agli archeologi di effettuare i loro studi. Che si porrebbero in continuità con gli scavi effettuati negli anni Sessanta del secolo scorso dall’archeologo francescano padre Virgilio Corbo.