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Per Elor Azaria una condanna che divide Israele

Ilaria Sesana
22 febbraio 2017
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Per Elor Azaria una condanna che divide Israele
Il sergente Elor Azaria attorniato dai familiari durante una fase del processo. (foto Miriam Alster/Flash90)

Il tribunale militare di Tel Aviv ieri ha inflitto una pena leggera al sottufficiale israeliano Elor Azaria che un anno fa uccise un attentatore palestinese già neutralizzato. Il suo caso ha spaccato il Paese.


Il sergente dell’esercito israeliano Elor Azaria dovrà scontare 18 mesi di reclusione in un carcere militare, e sarà degradato a soldato semplice, perché riconosciuto colpevole di aver colpito a morte un attentatore palestinese mentre questi si trovava a terra ferito.

La vicenda è avvenuta un anno fa a Hebron (Cisgiordania), in un momento in cui la tensione era particolarmente alta a causa della cosiddetta “intifada dei coltelli”. Abdel Fatah Sharif, 21 anni, e Ramzi Aziz al-Qasrawi la mattina del 24 marzo 2016 avevano attaccato due soldati israeliani, ferendone uno. L’immediata reazione del militare rimasto illeso provocava la morte di al-Qasrawi e il ferimento di al-Sharif che, colpito, era rimasto a terra senza poter reagire, in mezzo a uomini della sicurezza israeliana e soccorritori che caricano il soldato ferito su un’ambulanza. Elor Azaria, all’epoca 19enne e inquadrato nei servizi medici della Brigata Kfir, è arrivato sul luogo dell’incidente undici minuti dopo. Le immagini video, registrate da un attivista di B’Tselem (e messe a disposizione dell’opinione pubblica nel sito dell’ong israeliana), mostrano Azaria consegnare il proprio casco a un altro soldato, avvicinarsi al giovane disteso a terra e sparargli alla testa, uccidendolo.

Il tribunale militare di Tel Aviv ha riconosciuto la colpevolezza del militare il 4 gennaio scorso respingendo la versione di Azaria, che si era difeso spiegando di aver aperto il fuoco contro il giovane a terra nel timore che questi nascondesse un ordigno sotto il giubbotto. «Lo sparo – ha stabilito la corte nel suo verdetto – fu ingiustificato, non si può usare questo tipo di forza, anche quando stiamo parlando della vita del nemico». In pratica, al giovane soldato israeliano si contesta il fatto di non aver rispettato le regole di condotta violando «l’etica delle armi» che è alla base dello spirito dell’esercito.

Ieri, 21 febbraio, è stata inflitta la pena. L’accusa aveva chiesto per Elor Azaria non meno di tre anni di carcere e non più di cinque, ma il tribunale è stato clemente. Sebbene il giovane non abbia mai mostrato pentimento per il suo comportamento, i giudici gli hanno riconosciuto diverse attenuanti, tra cui la situazione complessa in cui si era venuto a trovare e la disorganizzazione dimostrata dai suoi diretti superiori presenti sul posto al momento dell’incidente. La sentenza, in ogni caso, rappresenta un momento storico, dal momento che Azaria è il primo militare a essere condannato per un omicidio da più di dieci anni a questa parte. Va aggiunto che questa è una condanna di primo grado e che i legali del giovane hanno dichiarato la volontà di ricorrere in appello. Quindi la vicenda giudiziaria non si chiude qui.

Il processo non si è svolto solo nelle aule del tribunale. Buona parte dell’opinione pubblica israeliana si è schierata con il giovane sergente vedendo in lui un “eroe” che stava semplicemente «facendo il suo dovere». Numerose proteste si sono svolte anche di fronte al tribunale militare di Tel Aviv. Anche importanti leader politici (di estrema destra, ma non solo), cantanti e uomini di spettacolo si sono schierati dalla parte di Azaria esprimendo pubblicamente il loro sostegno. Il parlamentare Sharon Gal – del partito di destra Yisrael Beitenu (Israele casa nostra) – ha anche lanciato una campagna di crowdfunding (raccolta fondi dal basso) per coprire le spese legali del giovane: in meno di 24 ore ha raccolto l’equivalente di quasi 124 mila euro. Mentre il primo ministro Benjamin Netanyahu e altri importanti leader politici hanno chiesto che Azaria venga graziato.

La sentenza ha provocato dure reazioni. Per Issa Amro, direttore dell’associazione Giovani contro gli insediamenti, con sede a Hebron, si tratta di una sentenza che non è proporzionata al gesto di Azaria. «Stiamo parlando di un criminale, in base a quanto previsto dal diritto internazionale», ha commentato ai microfoni di Al Jazeera. Duro anche il commento del portavoce del governo palestinese che ha definito questa sentenza una “luce verde” ai crimini dei militari. Amareggiata la famiglia Abdel Fatah Sharif, il giovane palestinese ucciso, che parla di processo farsa: «Se un ragazzo palestinese tira un sasso a un soldato [israeliano], viene condannato a tre anni di carcere».

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