Questo omaggio a don Andrea Santoro è uscito nell’ultimo scorcio del 2016 a dieci anni dall’omicidio del prete della diocesi di Roma che nel 2000 scelse di andare a svolgere il ministero in Turchia, a servizio di quella piccola comunità cristiana, e in dialogo con la popolazione musulmana – ed ebraica – locale. Una decisione che nel 2006 il sacerdote pagò con la vita. La sua vicenda suscitò interesse in Italia e gli amici dell’Associazione Finestra per il Medio Oriente – da lui stesso voluta per mettere in circolo riflessioni e intuizioni nate dall’esperienza che stava vivendo – pubblicarono subito, con l’Editrice Città Nuova, una raccolta delle sue lettere.
Oggi le missive di don Andrea all’Associazione vengono riproposte al pubblico. Le arricchisce un’appendice contenente otto nuovi testi di Santoro, tra i quali la presentazione dell’Associazione e le cinque introduzioni ai calendari sinottici da lui voluti come strumento di dialogo tra credenti di diverse fedi.
In questa edizione delle Lettere dalla Turchia spiccano l’Introduzione di mons. Matteo Zuppi – l’arcivescovo di Bologna proveniente, anch’egli, dal clero di Roma – e la Postfazione di Mariagrazia Zambon. La quale tratteggia un profilo umano e spirituale di don Andrea, che ha conosciuto in Turchia, incentrandolo sulla categoria della finestra, elemento di comunicazione e di scambio, che consente a due versanti – l’Oriente e l’Occidente – di mantenersi in relazione e illuminarsi reciprocamente.
Leggendo le pagine di don Santoro dal 2000 al 2006 – riflette Zambon – l’intuizione della finestra acquista via via maggiore profondità: «Dopo un primo anno di silenzio, di pazienza e di perseveranza nell’anonimato, nella piccolezza e nel nascondimento, impegnato a guardarsi intorno, a prendere contatti con la realtà e a studiare la lingua turca, don Santoro comincia a ringraziare per le “piccole fessure di luce di quella finestra sul Medio Oriente” a cui gli amici e conoscenti cominciano ad affacciarsi. E per questo ci tiene a sottolineare che questa finestra ha due maniglie: “una di qua, una di là. Ognuno usi quella dalla propria parte”, senza paura di “aprirla, per prendere aria e far circolare aria”».
Negli ultimi tre anni di vita del prete romano s’apre una nuova stagione. Mariagrazia Zambon la spiega così: «Con il settembre 2003 per don Andrea inizia una seconda fase della sua presenza in Turchia. Già da tempo si recava sul Mar Nero alternandosi nell’aiuto alle due parrocchie lì rimaste. Ma ora, con il rinnovo del contratto come Fidei Donum della diocesi romana, l’impegno a Trabzon si fa più stabile e anche lo stile di presenza cambia: non più in una casa tra le case, non più “nascosto” come un granellino di sale e un pugno di lievito, ma ufficialmente come parroco di una chiesa regolarmente in funzione sul Mar Nero da 150 anni. (…) Il ruolo è cambiato e anche l’ambiente che trova è molto differente e più ostile. Iniziano così anche le prove, le avversità e le sofferenze. Per don Santoro comincia un percorso interiore di donazione sempre più profondo e deciso. (…) E lentamente si fa in lui una convinzione sempre più chiara: “Mi sono reso conto che l’unica via dell’unità è proprio questa: farsi servo e offrire il proprio corpo come sacrificio. È la via di Gesù Signore e padrone di tutte le cose”».
L’arcivescovo Zuppi definisce Santoro «un martire del dialogo tra le religioni e tra i popoli», interprete di un cristianesimo né annacquato né imbelle, ma volontariamente disarmato. Una testimonianza per nulla anacronistica in un momento storico come il nostro, in cui «ci vuole più dialogo, più finestre, più conoscenza, più presenza per non rassegnarsi alla distanza». (g.s.)
Don Andrea Santoro
Lettere dalla Turchia
ed. San Paolo, Cinisello Balsamo 2016
pp. 304 – 15,00 euro