(g.s.) – Appena oltre i margini meridionali di Gerusalemme, là dove la città va quasi a fondersi con Betlemme, prosegue inarrestabile – a ridosso dell’insediamento di Ghilo – la costruzione della barriera di separazione israeliana nella valle di Cremisan.
Sconfitti sul terreno – dopo anni di vertenze giudiziarie – i due istituti religiosi salesiani e le 58 famiglie palestinesi di Beit Jala che vantano diritti di proprietà su vigneti e uliveti della Valle.
Una questione che non riguarda solo loro. I vescovi cattolici del Coordinamento Terra Santa, che ogni inverno giungono a Gerusalemme in delegazione dall’Europa e dal Nord America per tenere vivi i legami con le Chiese locali, seguono gli sviluppi passo passo.
Nel messaggio diffuso il 19 gennaio scorso, al termine della visita di quest’anno, hanno scritto: «Il nostro Coordinamento ha rivolto un appello per la giustizia e la pace ogni anno a partire dal 1998, ma la sofferenza continua. Quindi questo appello deve farsi sentire più forte. Come vescovi imploriamo i cristiani nei nostri Paesi d’origine a riconoscere la nostra responsabilità in termini di preghiera, consapevolezza e azione. (…) Tutti noi abbiamo la responsabilità di incoraggiare la resistenza non violenta che, come ci ricorda Papa Francesco, ha ottenuto grandi cambiamenti in tutto il mondo. Ciò è particolarmente necessario di fronte a ingiustizie quali l’incessante costruzione del muro di separazione in terra palestinese, inclusa la Valle di Cremisan».