Per collocare nella giusta prospettiva Jihad. Guerra all’Occidente di Maurizio Molinari, direttore de La Stampa, già corrispondente del quotidiano torinese dagli Usa e da Israele, serve ricordare ciò che accadde poco più di cent’anni fa, il 16 maggio 1916. La data segna l’Intesa segreta franco inglese Sykes-Picot, un accordo che di fatto spartiva (all’indomani della caduta dell’Impero ottomano) il Medio Oriente in aree d’influenza, ignorando però quasi completamente la composizione etnica e religiosa dello scacchiere.
A cent’anni di distanza, gli Stati che vennero disegnati in seguito all’accordo sono implosi o in grave difficoltà, a riprova di quanto sia difficile determinare le sorti dei popoli a prescindere dalla loro storia e cultura.
Il testo di Molinari si articola in sei capitoli, che offrono un quadro generale quanto mai preciso e articolato di quella che l’autore descrive come una «Sfida per l’Islam», più che una «sfida dell’Islam». Nel senso che, alla luce dei fatti, certamente esiste una jihad all’Occidente, ma soprattutto è in essere, feroce più che mai, una sfida interna al mondo musulmano. «Un conflitto di civiltà che (…) vede i maggiori contendenti puntare a unificare l’Islam sotto la propria egemonia, adoperando nei confronti del proprio nemico il termine takfiri – apostata – al fine di privarlo della propria legittimità, emarginarlo, sconfiggerlo e in ultima analisi eliminarlo» (p. 13-14).
Il volume dedica, non a caso, il primo capitolo al sorgere dello Stato islamico e alle sue mire, nel contesto di un «regno del terrore» dove clan, etnie e tribù continuano ad essere «il terreno di confronto più aspro e imprevedibile della grande guerra musulmana».
In questo contesto vengono poi analizzate le varie aree: il fronte orientale (il contesto siro-iracheno-libanese); il fronte occidentale (il contesto israelo-palestinese e il caos egiziano); la strategia dell’Isis per colpire al cuore l’Europa.
Gli ultimi due capitoli, estremamente interessanti, sono dedicati ai «protagonisti militari» del conflitto mediorientale (uomini, ma anche gruppi armati, dei quali si ricostruisce la genesi e gli scopi) e, infine, ai «leader rivali», capitolo nel quale l’autore tratteggia le figure spesso problematiche che detengono il potere negli Stati della regione: dal presidente siriano Bashar al Assad a quello turco Recep Tayyip Erdoğan, passando per il generale-presidente egiziano Abdel Fattah el Sisi e l’ayatollah Khamenei.
Una conoscenza più approfondita della storia dei Paesi mediorientali e dei personaggi che hanno in quelle aree le chiavi del potere non potrà che giovare all’Europa «nella ridefinizione dei propri interessi di sicurezza».
Il principale errore che le cancellerie del Vecchio continente fanno – spiega Molinari – è infatti quello di guardare all’islam «ancora attraverso la lente del nazionalismo arabo, frutto della decolonizzazione, mentre siamo all’inizio di una nuova epoca, nel segno della jihad». Insomma: il mondo è cambiato. Devono cambiare anche le risposte.
Maurizio Molinari
Jihad
Guerra all’Occidente
Rizzoli, Milano 2015
pp. 243 – 18,00 euro