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Lo scontento cova ancora tra i giovani arabi

Terrasanta.net
8 dicembre 2016
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Lo scontento cova ancora tra i giovani arabi
Giovani universitari al Cairo.

Secondo un rapporto Onu, l'ampio tasso di disoccupazione giovanile nei Paesi arabi relega quasi un terzo della popolazione in una condizione frustrante e potenzialmente esplosiva.


(i.s.) – Nei Paesi arabi, una persona su due ha meno di 25 anni e tre su dieci sono in una fascia d’età compresa tra i 15 e i 29. Questi ultimi sono circa 105 milioni di ragazze e ragazzi molto più istruiti rispetto ai loro genitori e ai loro nonni. Potenzialmente potrebbero far compiere un importante balzo in avanti all’economia e alla società dei loro Paesi. Avrebbero tutte le carte in regola per segnare una svolta importante, ma gli alti tassi di disoccupazione e la marginalità in cui sono costretti li relega – di fatto – in una condizione frustrante e potenzialmente esplosiva.

È quanto emerge da un recente rapporto (Arab Human Development Report 2016: Youth and the prospects for human development in a changing reality) pubblicato dal Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (Undp) e che evidenzia, innanzitutto, gli alti livelli di disoccupazione tra i giovani che vivono nella regione (che per l’agenzia Onu include i Paesi della sponda sud del Mediterraneo e quelli del Golfo Persico, compresi Somalia e Gibuti). Parliamo di 3 giovani su 10, il doppio rispetto alla media mondiale (in Italia a fine ottobre la percentuale dei giovani senza lavoro tra i 15 e i 24 anni era del 36,4 per cento, secondo l’Istat). Una situazione che potrebbe anche peggiorare: se non ci saranno interventi concreti, entro il 2020 una nuova generazione di giovani arabi (circa 60 milioni di persone) potrebbe restare esclusa dal mercato del lavoro.

«Le ondate di rivolte che hanno spazzato la regione dal 2011 hanno mostrato che non è più possibile trattare i giovani come una generazione in attesa o come soggetti passivi», ha spiegato Sophie de Caen, in qualità di direttore dell’Ufficio dell’Undp per gli Stati arabi.

Il rapporto evidenzia come tutte le contraddizioni e le difficoltà che attraversano la regione segnino in maniera profonda le condizioni di vita e le aspettative di futuro dei giovani nel mondo arabo: la crescente diseguaglianza in termini economici, la diffusione di attacchi terroristici e conflitti che determinano un’altissima percentuale di profughi e sfollati interni (il 57,5 per cento dei profughi di tutto il mondo si trovano in questa regione).

Tutti fattori che secondo gli autori del rapporto, uniti alla mancanza di opportunità, contribuiscono a creare «un senso generale di esclusione e di assenza di opportunità». Eppure, malgrado le frustrazioni e la mancanza di strumenti per entrare in maniera dignitosa nella vita adulta «la maggior parte dei giovani nella regione araba non ha alcun desiderio di impegnarsi in gruppi estremisti violenti – si legge nel rapporto –. Respingono la violenza sia per quanto riguarda i gruppi estremisti sia per quanto riguarda i terroristi».

Tuttavia, esiste una minoranza di giovani disposti a partecipare alle attività di gruppi violenti: il rischio è che la crescente insoddisfazione possa portarli verso la radicalizzazione e successivamente verso la violenza e ancora verso un estremismo violento.

In conclusione, il rapporto delle Nazioni Unite sottolinea come la disoccupazione, la povertà e la marginalità dei giovani potrebbe portare a nuove proteste. Per questo motivo è urgente che i governi locali intervengano per dare una risposta alle loro esigenze, affrontando i temi della partecipazione civica, dell’istruzione, dell’accesso al mercato del lavoro e delle legittimazione delle donne. «Il fallimento di tradurre in lavori decenti i successi raggiunti dai giovani nel campo dell’istruzione secondo il tasso di crescita della popolazione non solo limita i benefici del dividendo demografico, ma produrrà anche maggiori tensioni economiche e sociali nella regione».

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