(i.s.) – Ahmed (nome di fantasia) ha 21 anni e in tasca ha appena l’equivalente di 41 euro (150 lire turche). Non gli basteranno per arrivare a fine mese. «Prima degli scontri tra il governo e i curdi lavoravo in un ristorante, ma ora la città è in macerie e non c’è lavoro», spiega il ragazzo che ha lasciato la città di Mardin per tornare a vivere a Sirnak, nel sud-est del Paese. Incalzato dal giornalista del quotidiano digitale Al Monitor, ammette di non avere speranze: «Viviamo giorno per giorno».
La disoccupazione in Turchia cresce sempre più, in modo particolare tra i giovani. Secondo l’Istituto nazionale di statistica (Tuik) il tasso di disoccupazione nel Paese ha raggiunto l’11,3 per cento (nell’agosto 2016). Con un aumento dell’1,2 per cento rispetto all’agosto 2015: ovvero 435 mila disoccupati in più in soli dodici mesi. Per anni, il tasso di disoccupazione giovanile in Turchia è stato inferiore rispetto a quello della media europea (18,5 per cento) ma nel 2016, per la prima volta, c’è stato il sorpasso: i giovani turchi senza un lavoro, al giugno 2016, erano il 19,9 per cento.
Da non sottovalutare nemmeno il fenomeno dei ragazzi e ragazze che non studiano e non sono alla ricerca di un lavoro (i cosiddetti Neet) che, in base ai dati dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), rappresentano il 28 per cento dei giovani nella fascia d’età tra i 15 e i 29 anni. Con un danno economico importante per l’economia del Paese, pari al 3,4 per cento del Prodotto interno lordo (Pil) della Turchia, vale a dire circa 23 miliardi e mezzo di euro.
Ad analizzare meglio questi dati emergono ulteriori elementi di preoccupazione. Innanzitutto la diffusione del lavoro nero e senza tutele tra i Neet. Oltre al fatto che in Turchia i tassi di disoccupazione sono più alti tra i laureati rispetto a chi ha solo la licenza elementare. Una situazione molto preoccupante secondo Al Monitor, che ha condotto un’inchiesta sul tema.
«L’aumento della disoccupazione giovanile comporta un aumento della piccola criminalità, dei furti e delle violenze domestiche – sottolinea l’economista Ozcan Kadioglu, intervistato da Al Monitor –. Stiamo osservando un pericoloso aumento della tendenza dei più giovani a unirsi a realtà del crimine organizzato, a trafficare sostanze stupefacenti, commettere furti».
Una situazione ancora più allarmante nelle regioni curde della Turchia, dove l’età media della popolazione è molto più bassa rispetto alla media nazionale. Nelle città e nei villaggi più colpiti dagli scontri con il Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), la disoccupazione giovanile era già emersa come un vero problema per la sicurezza, conclude Al Monitor. Una situazione che spinge sempre più giovani a darsi al crimine o a prendere le armi con il partito indipendentista curdo e di cui i vertici politici turchi sembrano non essere nemmeno consapevoli. Il rischio è che la mancanza di opportunità lavorative e formative valide – la cui responsabilità cade anche sul governo centrale – continui a rinfoltire le fila dei guerriglieri del Pkk.