Una lunga fila di bare, allineate nella chiesa della Vergine Maria di Nars City, un distretto periferico del Cairo. È qui che questa mattina si son svolte le esequie delle vittime dell’attentato che ieri ha stroncato la vita di 24 persone, ferendone, anche gravemente, 49.
Il rito funebre è stato presieduto dal patriarca ortodosso, papa Tawadros II, rientrato precipitosamente da una visita in Grecia. La celebrazione liturgica è stata seguita da una cerimonia funebre di Stato presso il memoriale del Milite ignoto, sempre nel distretto di Nasr City, a cui hanno preso parte membri del governo e il capo dello Stato, Abdel Fattah el Sisi che ha anche proclamato tre giorni di lutto nazionale. Lo stesso presidente ha detto che il responsabile della carneficina sarebbe stato un attentatore suicida di 22 anni, identificato come Mahmoud Mostafa.
La funzione religiosa si è svolta, per quanto possibile, in forma privata, con la partecipazione dei soli parenti delle vittime. Papa Tawadros, che l’ha presieduta, ha osservato che l’attentato di ieri non è contro i copti ma contro la patria, contro l’Egitto intero. «Chiunque si sia macchiato di questo sangue non fa parte del nostro popolo», ha chiosato il patriarca.
Non ci sono notizie certe sulla dinamica dell’attentato. Secondo quanto riferisce una giornalista egiziana del Washington Post su Twitter, citando il network Cbs, la bomba (costruita con 12 chili di tritolo) sarebbe stata portata ieri mattina all’interno della chiesa dei Santi Pietro e Paolo, che si trova nel grande recinto della cattedrale copta di San Marco, nel quartiere cairota di Abasiya, in una borsa da donna. Sarebbe stata posizionata tra le panche in fondo alla navata, nella zona abitualmente riservata alle donne e ai bambini. La chiesa, che sorge dal 1911 accanto alla cattedrale, conserva nella cripta la cappella funebre della famiglia Boutros-Ghali, che vi seppellisce i propri defunti.
Per l’agenzia di stampa ufficiale egiziana, la bomba è stata invece collocata in una cappella adiacente al muro esterno della cattedrale. Quel che è certo è che l’attentato di domenica arriva a due giorni di distanza da altri due attacchi, avvenuti il 9 dicembre scorso nel Paese, costati la vita a sei agenti di polizia e a un civile.
I cristiani copti rappresentano una consistente minoranza, che raggiunge il 10 per cento della popolazione egiziana. Un attentato altrettanto sanguinario ai loro danni era stato portato a termine in una chiesa di Alessandria d’Egitto il primo gennaio 2011, negli ultimi giorni della presidenza di Hosni Mubarak destinato ad essere travolto, di lì a poche settimane, dalle proteste di piazza Tahrir.
Al termine della preghiera dell’Angelus in piazza San Pietro, ieri a mezzogiorno, anche Papa Francesco, dal Vaticano, ha espresso la sua vicinanza ai copti. Queste le sue parole: «Vorrei esprimere una particolare vicinanza al mio caro fratello Papa Tawadros II e alla sua comunità, pregando per i morti e i feriti».
Da Gerusalemme è giunta anche la solidarietà del Patriarcato latino. Il quale – come recita un comunicato ufficiale – «in comunione con tutte le Chiese di Terra Santa, condanna con tutta la forza questo atto odioso, che ha strappato, con la più grande violenza, la vita di innocenti in preghiera in un luogo sacro».
«La Chiesa di Gerusalemme – prosegue il testo – riafferma il suo sostegno alla Chiesa copta d’Egitto, continuamente bersaglio di attacchi, di violenze e di intimidazioni di ogni tipo. (…) Il Patriarcato prega perché le misure che saranno disposte dal Governo egiziano, nonostante le difficoltà e le minacce, per proteggere la comunità copta, tutte le minoranze religiose e, in generale, la libertà del culto, possa avere un buon successo».
Ultimo aggiornamento: 12/12/2016 17:13