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Crociati (quasi) per gioco

Terresainte.net
22 novembre 2016
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Crociati (quasi) per gioco
Armigeri e cavalieri in posa per la foto ricordo ai Corni di Hattin. (foto Gili Yaari/Flash90)

Un gruppo d'israeliani si trova in Galilea ogni anno per rievocare la grandi battaglie del passato. Tra queste la mitica battaglia dei Corni di Hattin, che vide soccombere le forze crociate.


Una calda giornata di luglio, non lontano dal lago di Tiberiade in Galilea. Alcuni uomini in armatura si trovano riuniti sotto il vessillo del Regno di Gerusalemme. Davanti a loro, il terribile esercito di Saladino. È l’estate del 1187? No, è il luglio 2016. Nel caldo asfissiante dell’estate, un gruppo di ebrei israeliani di origine russa ridà vita alla mitica battaglia dei Corni di Hattin.

Il 4 luglio 1187, in questo stesso luogo, 20 mila crociati guidati da Guido di Lusignano, re di Gerusalemme, affrontarono 30 mila tra fanti e cavalieri dell’esercito di Saladino. La battaglia fu una vera e propria disfatta per i cristiani. Il regno di Gerusalemme non se ne sarebbe più ripreso.

Ogni anno, da otto anni, la battaglia si combatte di nuovo. Quest’estate sono stati una sessantina i figuranti, appassionati di «storia vivente», che hanno ridato vita a questo episodio. Chi sono questi soldati del Regnum Hierosolymitanum? Nostalgici dei regni cristiani del Levante? No, per la maggior parte, come dicevamo, israeliani di origine russa. Le ricostruzioni storiche sono molto popolari in Russia. Certo, 60 partecipanti non sono nulla in confronto ai 50 mila soldati dell’epoca. Eppure l’entusiasmo è grande. E di entusiasmo ne serve tanto: le condizioni per partecipare sono infatti molto dure. Per tre giorni, bisogna vivere come al tempo delle crociate: abbigliamento, cibo, mezzi di trasporto, alloggio… A tutto ciò si aggiunge il dover camminare per una trentina di chilometri sotto il cocente sole di luglio della bassa Galilea. Lo stesso sole che stroncò l’esercito crociato.

Spade, lance, armature, scudi, calzature, alimentazione. Tutto è stato ricreato a partire da modelli d’epoca. «In realtà non stiamo giocando, non siamo degli attori: stiamo facendo una ricostruzione storica. Si tratta di storia vivente. Riviviamo questo episodio attraverso la nostra esperienza», spiega Genady Niznhik, uno degli organizzatori.

Nei suoi profondi occhi azzurri, che tradiscono l’anima russa, si leggono la passione, il dramma e la tragedia. «È un episodio – afferma – molto intenso e drammatico per Israele, la Terra Santa e il mondo intero. Determinante, decisivo. È un dramma personale, ma al contempo universale». Da diversi anni questo ebreo russo immigrato in Israele, archeologo, si batte per diffondere la sua passione. La ricostruzione passa anche attraverso l’identificazione con le emozioni dei protagonisti dell’epoca: «Il destino del Paese e delle loro famiglie dipende dalle proprie decisioni». Questi ebrei russi vestiti da crociati a prima vista sono «improbabili». Genady è il primo ad ammetterlo: «Non è facile. Le persone hanno opinioni fondamentalmente opposte. Alcuni dicono che i crociati hanno ucciso gli ebrei, altri che il periodo crociato fa parte della nostra storia. Secondo me, poiché viviamo in questa terra, si tratta del nostro patrimonio, di un’eredità che ci appartiene. E la storia di questa battaglia fa parte della Storia universale».

«Abbiamo cominciato con questo progetto, ma abbiamo anche altre idee. Nello statuto del nostro gruppo è prevista la ricostruzione di tutte le battaglie dei crociati, degli itinerari di pellegrinaggio, e degli antichi mestieri: attività artigianali, cucina, musica». Un’ambizione all’altezza del regno di Gerusalemme.

Solo un cattolico prende parte alla ricostruzione, leggendo ogni mattina il Pater noster insieme ai figuranti. È un prete africano, padre Bonaventura della diocesi di Mosca, che ci ha fatto da interprete. Alla fine della nostra chiacchierata, Genady gli ha proposto di partecipare. Recitare le preghiere ogni mattina, vestendo i panni di un cappellano. E di fronte a degli ebrei russi. La Terra Santa non finisce mai di stupire!

 


 

 Corni di Hattin 1187, cronaca di una sconfitta

Per sapere come si è svolta la battaglia, quindi per ricostruirla, i partecipanti sono andati alla ricerca delle fonti storiche. Diversi resoconti, sia di parte «franca» sia di parte saracena, permettono di seguire lo svolgersi degli eventi. Baldovino IX il Lebbroso, il più famoso re di Gerusalemme dopo Goffredo di Buglione, muore il 16 marzo 1185. Alla sua scomparsa, gli eventi precipitano. Rinaldo di Châtillon, un barone senza scrupoli, attacca senza sosta le carovane musulmane: la tregua tra franchi e musulmani è rotta. Da parte sua, Saladino è riuscito a riunificare i musulmani d’Egitto e del Levante. Quanto ai crociati, si ritrovano profondamente divisi. In questo scontro che si svolge non lontano dal lago di Tiberiade, nel nord del Paese, fanno nonostante tutto fronte comune per la sopravvivenza del regno.

Il 2 luglio 1187 i crociati arrivano a Sefforis. Raimondo III di Tripoli, l’uomo forte del regno, aveva convinto il re ad aspettare Saladino in posizione di vantaggio: una piazzaforte, disponibilità d’acqua e viveri in quantità. Vuole sfinire i saraceni costringendoli a marciare sotto il sole e nella polvere, poiché l’esercito nemico si trova a una trentina di chilometri da lì, vicino al lago. Dal canto suo, per spingere i franchi ad avvicinarsi, Saladino attacca la città di Tiberiade, dove si trova ancora la contessa Eschiva di Bures, moglie di Raimondo. Ma quest’ultimo dichiara che preferirebbe «perdere Tiberiade e tutto ciò che contiene piuttosto che l’unico esercito del regno».

Dopo il consiglio di guerra, tuttavia, Gérard de Ridefort, Gran Maestro dell’Ordine del Tempio, si intrattiene con il re nella sua tenda per convincerlo a cambiare idea. Mette in dubbio i consigli di Raimondo, soprattutto a causa dei suoi buoni rapporti con i musulmani, ciò che fa di lui un traditore. Ridefort minaccia di disertare con i suoi 1.200 templari se non gli verrà data la possibilità di consumare la sua vendetta nei confronti dei saraceni i quali, due mesi prima, avevano sterminato 150 cavalieri del Tempio. Guido di Lusignano cede al ricatto.

L’esercito franco si mette in marcia all’alba del 3 luglio. Gli uomini, sotto il sole, soffocano nelle loro armature, e le riserve d’acqua si esauriscono presto. I musulmani non danno tregua: scagliano frecce senza mai attaccare. Verso sera re Guido decide di condurre i suoi uomini verso il villaggio di Hattin, dove c’è dell’acqua. I saraceni anticipano la mossa e sbarrano loro la strada. I franchi sono quindi costretti a passare la notte in mezzo al nulla, e di nuovo senz’acqua.

La mattina del 4 luglio i saraceni prendono posizione per bloccare qualsiasi tentativo di fuga. Saladino dà fuoco alle sterpaglie. Il vento spinge il fumo e le fiamme verso i crociati, già esausti per la marcia del giorno precedente e la sete. Nonostante tutto danno battaglia in più punti per cercare di sfondare le linee nemiche e raggiungere le azzurre sponde del lago di Tiberiade. Ma ormai tutto è perduto.

Accerchiati, i cristiani sono costretti a ritirarsi su un’altura chiamata Corni di Hattin. La battaglia infuria e l’esercito franco subisce una pesante sconfitta. Il re di Gerusalemme, Rinaldo di Châtillon, Guglielmo del Monferrato, e molti altri baroni insieme a loro, sono fatti prigionieri. Raimondo III di Tripoli riesce a fuggire.

Nel corso dell’estate, una dopo l’altra, cadono Acri, Nablus, Giaffa, Toron, Sidone, Beirut e Ascalona. Gerusalemme negozia la resa il 2 ottobre. Si dice che papa Urbano III sia morto alla notizia della perdita della Città Santa.

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