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L’Università del Cairo non bada più al credo religioso

Terrasanta.net
13 ottobre 2016
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L’Università del Cairo non bada più al credo religioso
L'edificio centrale dell'Università del Cairo. (Wikicommons)

Da ora in poi all’Università del Cairo, in Egitto, sarà abolito ogni riferimento al credo religioso nei documenti individuali di studenti e personale, oltre che nelle pratiche amministrative.


(m.c./m.a.b.) – Martedì 11 ottobre, a sorpresa, l’Università del Cairo ha annunciato la decisione di abolire ogni riferimento all’appartenenza religiosa dalle pratiche amministrative dell’ateneo, inclusi i certificati degli studenti e i diplomi. La misura riguarda anche i docenti, gli assistenti e tutti i dipartimenti e cicli universitari.

L’ateneo cairota, riconosciuto nel 2016 come la quarta migliore università dei Paesi arabi, ha basato la sua decisione su quanto previsto dalla Costituzione del 2014 e da un decreto presidenziale del 1972 in materia di organizzazione delle università, recepito dal presidente dell’ateneo dell’epoca.

Se il testo della Costituzione del 2014 sottolinea che l’Islam è religione di Stato, esso stabilisce anche che «i cittadini sono uguali davanti alla legge; hanno gli stessi diritti e doveri, senza discriminazione alcuna fondata sulla religione, il credo, il sesso, l’origina, la razza, il colore, la lingua, l’handicap, la classe sociale, l’appartenenza politica o geografica, o per qualunque altra ragione. La discriminazione e l’incitazione all’odio sono crimini puniti dalla legge. Lo Stato deve adottare tutte le misure necessarie ad eliminare qualunque forma di discriminazione; la legge regolamenta la creazione di una commissione indipendente a questo scopo» (capo III, articolo 53).

Nel luglio scorso, 60 parlamentari egiziani firmarono un progetto di legge che prevedeva una misura analoga a quella adottata dall’Università del Cairo anche per le carte d’identità, che vengono rilasciate agli egiziani al compimento dei 16 anni.

Ne era subito nato un dibattito vivace. I sostenitori della riforma proponevano che la convivenza sociale si basi sulla cittadinanza e non sulla religione. Gli oppositori, invece, ravvisavano nella proposta un oltraggio all’identità musulmana dell’Egitto e avanzavano obiezioni di natura giuridica in tema di matrimonio e di successioni ereditarie. Aggiungevano motivazioni rituali, secondo le quali un musulmano deve testimoniare l’adesione al suo credo religioso.

In quel frangente disse la sua anche la Commissione per l’emissione delle fatwa (le sentenze religiose musulmane – ndr) di Al Azhar, aspramente contraria. Dal suo punto di vista l’abolizione del riferimento alla religione nella carta d’identità è futile, perché la libertà religiosa sarebbe ormai già acquisita nel Paese, ma soprattutto perché questa eventualità «creerebbe confusione nelle relazioni tra l’Egitto e nazioni come l’Arabia Saudita, ove certi luoghi, come la Mecca, sono accessibili solo ai musulmani».

Prevedibilmente, i movimenti copti s’erano detti più che favorevoli a vedere il concetto di cittadinanza prevalere su quello dell’appartenenza religiosa, nella speranza di arginare così il fanatismo nazionale religioso musulmano.

Il progetto di legge di luglio non andò in porto, ma i suoi artefici non si sono arresi e lavorano a un nuovo testo. La decisione dell’Università del Cairo contribuirà a far fare un passo avanti al dibattito?

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