(g.s.) – Semi-cieco; per nulla isolato; a tratti autoironico; ormai incapace di concentrarsi a lungo negli studi e nella preghiera; in pace con se stesso. Pennellate dell’autoritratto dell’unico papa emerito della Storia che tira le somme della sua avventura umana e del suo pontificato.
Tanto basta per rendere questo libro un evento editoriale più che raro, oltre che una piacevole lettura. Benedetto XVI non scrive, ma risponde a voce alle domande e agli stimoli del giornalista e scrittore Peter Seewald che ha accesso a Josef Ratzinger da decenni. Queste ultime conversazioni si sono svolte prima e dopo la rinuncia al soglio di san Pietro, pronunciata l’11 febbraio 2013; dopo la trascrizione sono state vagliate e approvate dall’interessato. Dell’uomo emergono le abitudini di ogni giorno: scrive sempre a matita; ha bisogno di dormire almeno sette ore per notte e perciò non ha mai tirato tardi sui libri; la sua grafia minuta resta comunque più grande di quella del Successore Francesco; quando deve ponderare bene una questione riflette sdraiato sul divano; durante i lavori del Concilio, ha imparato dai romani ad apprezzare la pennichella; detesta la moquette «perché un pavimento è un pavimento e un tappeto un tappeto»…
Dettagli che ovviamente fanno capolino in mezzo a riflessioni ben più profonde sui temi più svariati, come: la consapevolezza di non essere molto amato da taluni ambienti, anche cattolici e accademici, della sua Germania; il ricordo della buona fama che Pio XII godeva tra gli ebrei all’indomani della seconda guerra mondiale e la richiesta, da parte ebraica, di ripensare (come avvenne nel 1965 con la Nostra aetate) le relazioni del cattolicesimo con l’ebraismo; uno sguardo distaccato ai momenti più luminosi e a quelli più faticosi degli otto anni di papato; le relazioni con il Pontefice regnante… e molto altro.
Bendetto XVI
Ultime conversazioni
Garzanti, Milano 2016
pp. 235 – 12,90 euro