(n.h.) – Per i rilievi al radiocarbonio si tratta di un documento antico che risale al Terzo o Quarto secolo dopo Cristo. Ma c’è chi propone una datazione ancor più remota sulla scorta di considerazioni paleografiche, vale a dire dello studio delle forme e dell’evoluzione della scrittura applicato agli antichi manoscritti.
Quale che sia la sua età, sulla pergamena si trova la più antica versione del biblico libro del Levitico, del quale contiene i primi due capitoli. È quanto ha potuto determinare la squadra di ricercatori statunitensi e israeliani coinvolti nel progetto di ricerca sul reperto. La pergamena è tornata alla luce nel 1970, durante i lavori di scavo alla sinagoga di Ein Gedi, sulla riva occidentale del Mar Morto. Il rotolo è in gran parte carbonizzato e schiacciato, per cui si disintegra progressivamente ogni volta che lo si maneggia. Impossibile quindi stenderlo fisicamente steso su un piano: ogni intervento di tipo meccanico era impensabile.
Non restava che il ricorso alle tecnologie digitali. Il rapporto sugli interventi effettuati dagli esperti è oggetto di un lungo saggio pubblicato sulla rivista scientifica americana Science Advances, che spiega la metodologia utilizzata. I ricercatori sono stati in grado di ricostruire un’immagine virtuale del manoscritto come se fosse interamente dispiegato, con il testo distribuito su due colonne e 35 righe, 18 delle quali erano ben preservate e altre 17 sono state ricostruite.
Questa tecnica utilizza una tomografia avanzata e uno scanner 3D. È così possibile rilevare le tracce di metallo contenute nell’inchiostro e la trama del documento, permettendo così la ricostruzione virtuale dell’oggetto.
«La qualità delle immagini ottenute è stata per noi una grande sorpresa», ha sottolineato il professor Michael Segal, direttore della facoltà di Filosofia e Religione dell’Università ebraica di Gerusalemme. «Gran parte del testo è leggibile, tanto quanto quello dei manoscritti rinvenuti presso il Mar Morto» (il riferimento è ai rotoli di Qumran – ndr).
Leggendo il manoscritto, spiega il professor Segal, «ci ha colpito la somiglianza di alcuni passaggi con il Testo masoretico, che è considerato il testo di riferimento in seno al giudaismo. Talvolta c’è totale identità, fino al minimo dettaglio calligrafico e di organizzazione delle sezioni».
Dopo la scoperta dei rotoli del Mar Morto (a metà del secolo scorso – ndr), sottolinea lo specialista, questa versione dei due capitoli del terzo libro del Pentateuco «è fino ad oggi considerata il testo biblico più completo e significativo dell’antichità».