Storie, attualità e archeologia dal Medio Oriente e dal mondo della Bibbia

Per gli sciiti libanesi il tatuaggio è militante

Giuseppe Caffulli
3 agosto 2016
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Anche nel mondo musulmano sciita, soprattutto in Libano, sta dilagando la moda dei tatuaggi, che assume per lo più una venatura religiosa o a sfondo politico.


I corpi statuari di calciatori e sportivi di ogni angolo del mondo (nonché di attori di Hollywood) sono ormai tappezzati di tatuaggi e fregi vari. E la moda della pelle colorata con incisioni variopinte sembra aver conquistato uno spazio irrinunciabile tra i più giovani.

Anche nel mondo musulmano sciita sta dilagando questa moda, che assume una venatura religiosa o a sfondo politico. Soprattutto in Libano non è raro vedere ragazzi che mostrano, tatuate sul corpo, le effigi dell’ultimo imam, il Mahdi; di Alì, cugino del profeta Maometto; di Hassan Nasrallah, leader di Hezbollah.

Il fenomeno, a quanto riferiscono i media libanesi, avrebbe conosciuto una vera e propria fioritura dopo lo scoppio della guerra siriana nel 2011. E la nascita (o l’arrivo) delle fazioni sunnite fondamentaliste che fanno capo ad al-Qaida e allo Stato islamico.

Per qualcuno il fatto di rappresentare l’effige di Ali (ma anche cifre simboliche come il 313, il numero dei compagni fedeli che l’ultimo imam chiamerà al suo disvelamento) è una sorta di talismano: «Una protezione contro gli estremisti del Califfo nero che stanno distruggendo Siria e Iraq», spiega Tayseer, uno dei giovani tatuati.

Per gli sciiti libanesi, la guerra che sta devastando la vicina Siria – che ha riversato oltre la catena dell’Antilibano più di un milione di profughi – appare come un conflitto tra la maggioranza sunnita, le fazioni fondamentaliste legate al Califfato, e la minoranza alawita e sciita stretta attorno al presidente Bashar al Assad. Per questa ragione l’organizzazione degli sciiti libanesi Hezbollah, coadiuvata dall’Iran, ha inviato migliaia di combattenti in Siria. Tra le milizie sciite in Siria si è particolarmente diffusa la moda del tatuaggio a sfondo religioso, anche tra chi non è particolarmente assiduo in moschea. Per qualcuno è una sorta di ex-voto. Bayluoun, 30 anni, ha raccontato all’Associated Press che si è tatuato immagini religiose sul petto e sulla schiena in seguito alla catena di attentati sanguinosi che hanno toccato le moschee sciite in Siria e Iraq. «Non posso rispondere con le bombe alle bombe – dice –, ma posso mostrare la mia fede anche in questo modo».

Anche le donne sciite, in maniera più discreta, sono attratte dal tatuaggio. Farah Najim ha voluto farsi riprodurre sulla nuca la tipica scimitarra di Alì, come segno d’amore e di fede per colui che è considerato una sorta di fondatore dell’islam sciita

Il tatuaggio è proibito e fortemente osteggiato nel mondo sunnita, che lo reputa un segno quasi demoniaco. In seno al mondo sciita sta invece diventando un ulteriore segno di distinzione. Per qualcuno, tatuaggi e scarificazioni varie, hanno anche altri vantaggi. Lo spiega Zulfiqar: «Sulle donne hanno un vero e proprio effetto magnetico».

 


Perché “Finis terrae”

Ogni paese e ogni popolo ha il suo Finis Terrae, un punto mitico o reale (spesso entrambe le cose), che indica la fine delle certezze e l’inizio di qualcosa di sconosciuto. Finis Terrae, letteralmente «ai confini della terra», è dunque per noi la metafora per esplorare storie di frontiera, per lasciarci alle spalle ciò che conosciamo e per inoltrarci in ciò che non conosciamo affatto o che comprendiamo di meno. In questo blog cerchiamo di indagare queste zone di confine in Medio Oriente per ricercare nuove chiavi di lettura e registrare piccoli, spesso impercettibili movimenti della coscienza.

Nella certezza che varcare le Colonne d’Ercole della consuetudine e lasciarsi interrogare dall’ignoto sia un esercizio vitale per costruire ponti verso una nuova civiltà.

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