Storie, attualità e archeologia dal Medio Oriente e dal mondo della Bibbia

Quello sguardo di Maria già rivolto alla croce

fra Alberto Joan Pari ofm
28 giugno 2016
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Quello sguardo di Maria già rivolto alla croce
Madre di Dio Odigitria, Dionysius e bottega (1440-1502), Novgorod (Russia)

Nell'inconografia orientale il volto della Vergine è misterioso, già intriso del dolore di una madre che vede il Figlio assumersi il peso del nostro peccato.


«Se solo sorridesse un po’…». Questo è ciò che penso sempre quando mi pongo di fronte ad un’icona che rappresenta la Madre di Dio, perché spesso il suo volto è triste, misterioso; per questo motivo ho deciso di scoprire cosa è nascosto dentro il suo sguardo che sembra parlare di stupore e dolore più che di gioia. Ma solo in apparenza.

La tradizione tramandataci dall’iconografia, narra che la prima icona di Maria sarebbe stata dipinta (scritta, dicono gli iconografi) da san Luca in persona. Nella forma più ampia e dettagliata, la leggenda ci viene tramandata dal monaco Gregorio del monastero di Kykkos a Cipro, che nel 1422 la descrisse nel Racconto sulla venerabile icona della nostra Nostra Santissima Signora e sempre Vergine Maria. Vi si narra che Maria, consapevole del talento artistico di san Luca e desiderosa di lasciare alle generazioni future un’immagine di sé e del Figlio, gli chiese di farle un ritratto. San Luca per prima cosa cercò la tavola su cui dipingere e ricevette la più adatta da un giovinetto dalla carnagione chiarissima sulla piazza del mercato di Gerusalemme senza doverla pagare ma semplicemente chiarendo lo scopo cui era destinata. Dopo aver a lungo digiunato e pregato Luca dipinse la Vergine Hayosoritissa o Advocata (ovvero la Madonna, sola, che intercede presso Dio per la salvezza dell’umanità). Maria risultò dispiaciuta poiché nell’immagine le veniva negata la gioia di avere con sé il Figlio. Luca allora tornò al mercato per trovare un’altra tavola per un altro ritratto. Di nuovo incontrò il giovanetto dalla pelle candida che gliene offrì due e gli rivelò di essere l’arcangelo Gabriele inviato da Dio a portare quelle tavole non tagliate da mano d’uomo. San Luca a questo punto realizzò due ritratti di Maria: l’Odighitria, ovvero la Vergine che tiene sul braccio sinistro il bambino e con la mano destra lo indica come via di salvezza per l’umanità e l’Eleusa, ovvero Madonna della tenerezza perché Maria in un gesto affettuosamente materno accosta la sua guancia a quella del Bambino, sorretto con la mano destra. Maria accolse le immagini con piena soddisfazione e poco dopo avvennero la sua Dormizione e il Transito. In tutti i modelli descritti dalla leggenda di San Luca e tramandati dalla tradizione, Maria ha uno sguardo misterioso, non del tutto sereno. Scriveva un Padre della Chiesa: «Perché, o Piena di Grazia, non vuoi comunicarci la gioia di aver dato alla luce il Figlio di Dio?». Un pensiero del tutto umano, ma contemplare un’icona significa proprio questo, accostarsi al mistero, non a qualcosa di umano. L’iconografia mostra l’interiorità della Vergine, il peso della sua missione materna e la sua sensibilità verso la sofferenza di tutti uomini. Nell’icona, la gloria è il Cristo. Lungi dall’essere sempre triste, la Madre di Dio ci insegna che, davanti al Figlio, vero uomo e vero Dio, e davanti ad ogni icona ci si accosta sempre con rispetto e venerazione! Nelle icone mariane la tenerezza cede progressivamente il passo al dolore materno nella prefigurazione della Passione di Cristo come massima espressione dell’amore di Dio per gli uomini. Visivamente tutto concorre a spiegare il complesso gioco fra vita, infanzia e morte: l’intima prossimità dei volti e il tenero gioco delle carezze, combinate alla posa scomposta del Bambino con il collo, le braccia e le gambe scoperte. Nel cristianesimo, infatti, la tenerezza non è semplicisticamente ridotta a mieloso sentimentalismo, riservato all’infanzia di Cristo, ma interroga profondamente circa il mistero della croce.

Non è dunque un caso che anche nell’arte orientale la Vergine torni a posare il proprio viso su quello del figlio in alcune delle scene chiave della Passione, come la Deposizione dalla croce e il Lamento sul Cristo morto. Se in esse il figlio che cingeva il collo della madre giace ora esanime fra le sue braccia, nell’ora della morte la tenerezza di Maria resta la medesima: Cristo, Dio e Salvatore, si abbandona uomo alla madre, che ne stringe e accarezza il corpo con la dolcezza delle innumerevoli madri nella storia dell’umanità. Contemplando il suo volto, nelle sacre rappresentazioni, a Maria chiediamo di insegnarci oggi più che mai ad avere uno sguardo colmo di profondità verso i piccoli del nostro tempo, di chi soffre e di chi non può ricevere la tenerezza necessaria, certi che la sua intercessione amorosa non ci lascerà soli. Mai.

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