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Il Papa tra i profughi a Lesbo, viaggio ecumenico e triste

Giampiero Sandionigi
2 maggio 2016
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Il Papa tra i profughi a Lesbo, viaggio ecumenico e triste
Da sin.: il patriarca Bartolomeo, l'arcivescovo Jeronymos e Papa Francesco tra i profughi del campo di Moria sull'isola di Lesbo (foto ANSA-SFOR)

Dalla Grecia un appello a tre voci ai popoli e ai leader politici per la dignità dei migranti in Europa e la pace nelle terre del Medio Oriente.


Bartolomeo, Francesco e Ieronymos a Lesbo il 16 aprile scorso hanno messo i loro occhi negli occhi di centinaia di profughi chiusi nel campo di detenzione di Moria. Nell’agglomerato di container, tendoni, reticolati e filo spinato che racchiude oltre tremila persone d’ogni età, Papa Francesco e i suoi compagni di viaggio hanno vissuto una giornata triste e intensa d’emozioni, come ha spiegato ai giornalisti in volo con lui lo stesso Bergoglio.

Allargando i cuori, stringendo mani, ascoltando racconti strazianti, accarezzando bambini sotto choc il papa di Roma, il patriarca ecumenico di Costantinopoli e l’arcivescovo ortodosso di Atene e di tutta la Grecia hanno però voluto volgere lo sguardo lontano, al Medio Oriente, all’Europa, al mondo intero.

Dopo aver ripetutamente ringraziato ed elogiato «il popolo greco che, nonostante le gravi difficoltà da affrontare, ha saputo tenere aperti i cuori e le porte», il Papa, nel discorso pronunciato al porto al termine della visita, ha detto: «Le preoccupazioni delle istituzioni e della gente, qui in Grecia come in altri Paesi d’Europa, sono comprensibili e legittime. E tuttavia non bisogna mai dimenticare che i migranti, prima di essere numeri, sono persone, sono volti, nomi, storie. L’Europa è la patria dei diritti umani, e chiunque metta piede in terra europea dovrebbe poterlo sperimentare, così si renderà più consapevole di doverli a sua volta rispettare e difendere».

Nella dichiarazione comune sottoscritta dai tre illustri pellegrini a Moria leggiamo tra l’altro: «Come capi delle nostre rispettive Chiese, siamo uniti nel desiderio della pace e nella sollecitudine per promuovere la risoluzione dei conflitti attraverso il dialogo e la riconciliazione. Mentre riconosciamo gli sforzi già compiuti per fornire aiuto e assistenza ai rifugiati, ai migranti e a quanti cercano asilo, ci appelliamo a tutti i responsabili politici affinché sia impiegato ogni mezzo per assicurare che gli individui e le comunità, compresi i cristiani, possano rimanere nelle loro terre natie e godano del diritto fondamentale di vivere in pace e sicurezza. (…) Insieme imploriamo solennemente la fine della guerra e della violenza in Medio Oriente, una pace giusta e duratura e un ritorno onorevole per coloro che sono stati costretti ad abbandonare le loro case».

Concludiamo con un brano delle ultime parole pubbliche del Papa, pronunciate in forma di preghiera al porto di Mytilene, prima di ripartire per Roma portando con sé dodici profughi siriani (tra i quali sei minori), membri di tre famiglie.

Dio di misericordia,
Ti preghiamo per tutti gli uomini, le donne e i bambini,
che sono morti dopo aver lasciato le loro terre
in cerca di una vita migliore.
(…)

Ispira tutti noi, nazioni, comunità e singoli individui,
a riconoscere che quanti
raggiungono le nostre coste
sono nostri fratelli e sorelle.

Aiutaci a condividere con loro
le benedizioni
che abbiamo ricevuto dalle tue mani
e riconoscere che insieme,
come un’unica famiglia umana,
siamo tutti migranti, viaggiatori di speranza verso di Te,
che sei la nostra vera casa,
là dove ogni lacrima sarà tersa,
dove saremo nella pace,
al sicuro nel tuo abbraccio.

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