Merita attenzione il commento al Vangelo di Giovanni di Ernesto Borghi, biblista e docente di esegesi e teologia del Nuovo Testamento a Nola (Napoli) e a Trento, nonché coordinatore della formazione biblica nella diocesi di Lugano e presidente dell’Associazione Biblica della Svizzera Italiana. È autore di vari scritti e articoli, tra cui segnalo tre volumi: Lettura esegetico-ermeneutica del vangelo secondo Marco, Luca, Matteo (con la collaborazione di Renzo Petraglio, Messaggero, Padova 2011-2013). L’Autore nella lettura al quarto vangelo raccoglie il frutto di vari anni di lavoro come esegeta e teologo, offrendo, anche al lettore poco esperto nel mondo biblico, nozioni semplici in riferimento alla morfologia e sintassi greca. Egli, infatti, senza indulgere in disquisizioni tecniche ed erudite, espone in sintesi quanto la ricerca della critica letteraria ha offerto sul campo ed offre il suo commento a studenti di teologia, a predicatori della Parola di Dio e cultori della Chiesa primitiva.
Nella introduzione Borghi espone brevemente lo scopo e la collocazione ermeneutica dell’opera quando scrive: «La proclamazione ed instaurazione del regno di Dio tema centrale per Mc-Mt-Lc lascia il posto al motivo dominante giovanneo che è la vita, significata e generata dall’intera vicenda di Gesù che trova il suo culmine nella croce-risurrezione: “nella prima parte si fa il discorso sulla vita, nella seconda si racconta il segno che la significa e la genera”» (pp.7-8). Siamo di fronte, dunque, ad un commento al quarto vangelo che utilizza i migliori risultati della critica letteraria e teologica. Esso è finalizzato alla comprensione piena, “spirituale” del testo, ed offre una struttura articolata ed unitaria dell’opera giovannea. Un sussidio che fornisce al lettore non solo un resoconto del messaggio di Gesù, ma le linee di fondo di una visione di unità umana e spirituale, che riflette tensioni e problemi della vita della comunità cristiana delle origini.
Certo, fra gli scritti del Nuovo Testamento, se c’è un testo che esige di essere letto ed interpretato in chiave “spirituale” è proprio il Vangelo di Giovanni, che già gli antichi hanno chiamato “spirituale”, non solo perché è impregnato e come intriso della presenza dello Spirito, ma perché esige di essere compreso nella stessa sintonia in cui è stato scritto (cfr. Dei Verbum, n. 12). Il grande Origene, diceva: «Ci sia permesso di affermare che il fiore di tutta la Sacra Scrittura è il vangelo, e il fiore del vangelo è il vangelo di Giovanni» (Commentaria in Evang. Joannis, I, IV, 23). E Clemente Alessandrino scriveva: «Giovanni, per ultimo, consapevole che negli altri vangeli erano già stati riportati gli eventi materiali della vita di Cristo, esortato dai discepoli e divinamente ispirato dallo Spirito, compose un vangelo spirituale (pneumatikòn… euangèlion)» (Eusebio, Hist. Eccl., VI, 14, 7). Per il maestro di Alessandria il Vangelo di Giovanni è una rilettura spirituale degli eventi evangelici, legati al nucleo della fede cristologica. La figura che ne emerge è quella di un Gesù che introduce il discepolo a cogliere un dato insieme di eternità e di attualità, di futuro e di già presente. Il simbolo del quarto evangelista è l’aquila e un detto rabbinico dice che l’aquila è l’unico uccello che può guardare direttamente nel centro del sole senza battere ciglio e senza rimanere abbagliato. Solo coloro che posseggono questa “vista” possono contemplare come Giovanni questo “vangelo spirituale”, meditato e ricondotto all’essenziale dall’appassionata esperienza di un uomo, che ha visto e vissuto a lungo ciò di cui parla.
Tra i diversi titoli che la tradizione antica ha attribuito all’apostolo Giovanni spicca quello di “il teologo”. E questo non solo per il “prologo”, la più acuta riflessione di tutto il Nuovo Testamento, ma perché i vari segni della vita di Gesù «sono stati scritti affinché crediate in Gesù che è il Messia e il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome» (20, 31). La fede in Gesù, Messia e Figlio di Dio, è lo scopo di questo vangelo. Un testo, dunque, che intende offrirci la rivelazione di Dio pieno di amore per tutti e insieme vuole indicarci la strada che porta alla comunione con lui. Un’altra sottolineatura del quarto vangelo è il suo carattere simbolico, senza misconoscerne il valore storico. I miracoli, in Giovanni, sono dei “segni” che rivelano un aspetto segreto della persona di Gesù, sono apocalissi del suo essere come rivelatore del Padre e della sua gloria come Figlio di Dio, che conducono alla fede. L’evangelista, in questa luce, vuole avviare il lettore del suo vangelo a riconoscere il rapporto essenziale che unisce il Gesù della storia al Cristo della fede. Per cui il linguaggio dell’evangelista riflette contemporaneamente il patrimonio storico e culturale dell’ebraismo al tempo di Gesù e quello della Chiesa primitiva in cui il vangelo fu redatto. Il simbolismo, cioè, valorizza e scaturisce dai fatti storici e ne esprime il suo significato profondo.
Nell’affrontare le maggiori questioni del testo l’approccio di Borghi si fa attento ai contributi offerti dagli esegeti contemporanei e alle loro argomentazioni. Il testo giovanneo che l’Autore commenta è preceduto da un’introduzione (pp. 7-23) e concluso da linee di conclusione (pp. 233-238) e da una Postfazione sul significato del vangelo oggi (pp. 239-253) e seguito dalla traduzione del testo curata insieme con Renzo Petraglio (pp.255-310). Non vanno trascurate anche le molte e puntuali note del Borghi per chiarire alcuni problemi posti dal testo stesso. Buona la bibliografia scelta (pp. 311-322) e la macrostruttura del testo evangelico in due parti principali: il libro dei segni (1,19-12,50) e il libro della gloria (13,1-20,31) che percorrono i tre anni della vita pubblica del Cristo fino alla sua morte e risurrezione. Il commento di Borghi contiene aspetti positivi e suscita un certo interesse per la sua semplicità e chiarezza narrativa, per lo sforzo di rimanere fedele al testo, per il tentativo di raccogliere in sintesi le migliori suggestioni di alcuni autori e per la ricerca di un legame fra teologia e spiritualità.
Il valore dell’opera è un tentativo valido di interpretazione del quarto vangelo, senza rimanere ingolfati nelle teorie letterarie del testo, bensì aperti ad una intelligenza teologico-pastorale del Vangelo, che fa intravvedere il compimento delle promesse antiche e la sua proiezione dinamica verso l’oggi della Chiesa, che realizza nella spiritualità giovannea la presenza salvifica di Dio nella storia. E tutto ciò ritorna a merito dell’Autore che ci ha lasciato un commento assai scorrevole e leggibile. Egli nella lettura ci fa incontrare con la persona di Gesù, facendoci crescere nella conoscenza del suo amore. C’è una battaglia importante per il nostro tempo ed è quella che ci rende convinti che “a partire dalle radici bibliche, ed in particolare da quelle evangeliche, l’amore diviene cultura e la cultura, con intelligenza e passione, diviene esistenza per la gioia comune”.
Il Vangelo di Giovanni è di una ricchezza straordinaria per la vita pastorale e spirituale del cristiano e di ogni comunità di fede. In esso troviamo un cammino da seguire, frutto dell’iniziativa di Dio: è il piano del Padre che ha mandato il Figlio nel mondo per salvarlo (cf Gv 3,16). Gesù comunica agli uomini l’amore del Padre dando la verità del Vangelo, che è la sua stessa persona. All’uomo è chiesto di credere in Gesù, vivendo la sua parola, la cui sintesi è l’agape. Questo è l’augurio che facciamo a quanti leggeranno questo commento al quarto vangelo.
* Decano emerito della facoltà di teologia dell’Università Pontificia Salesiana
Ernesto Borghi
Il cammino dell’amore
Lettura del vangelo secondo Giovanni
Edizioni Terra Santa, Milano 2016
pp. 328 – 23,00 euro