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«Papa Francesco a Lesbo e la pietà in azione»

Carlo Giorgi
8 aprile 2016
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«Papa Francesco a Lesbo e la pietà in azione»
Fra John Luke Gregory con alcuni profughi in una foto dell'estate 2015.

Papa Francesco sarà a Lesbo sabato 16 aprile, con il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo per incontrare i profughi. Da Rodi e Kos, isole poco lontane, fra John Luke Gregory ci aggiorna.


«Venendo a Lesbo la prossima settimana il Papa ci indica la strada: portare concretamente la misericordia agli altri». Padre John Luke Gregory, frate della Custodia di Terra Santa, dal 2004 svolge il suo ministero nelle isole greche di Rodi e Kos, a poche decine di chilometri da Lesbo. Isole che, come Lesbo, nell’ultimo anno sono state investite dall’emergenza dei profughi siriani, assistendo impotenti ai naufragi nel mare Egeo. Proprio per ricordare al mondo questa tragedia, Papa Francesco sarà a Lesbo sabato 16 aprile, assieme al patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo, e all’arcivescovo ortodosso di Atene e di tutta la Grecia, Hieronimus II.

«Io lo dico sempre ai miei parrocchiani – continua fra Luke –: quello che ci dice il Papa è di mettere la pietà… in azione. È troppo facile dire solo Kyrie Eleyson, Signore pietà».

Padre Luke, com’è la situazione delle isole di Rodi e Kos, oggi?
Da un paio di mesi a questa parte, arrivano molti meno profughi. Perché tutti coloro che la guardia costiera intercetta in mare vengono portati in altre due isole, Kastellorizo (minuscola isola greca con l’aeroporto, attaccata alla costa turca ad Est di Rodi – ndr) e Leros (a Nord di Rodi, sempre vicino alla costa turca – ndr). Sia a Rodi sia a Kos non ci saranno oggi più di 50 profughi, ma in compenso la loro condizione è peggiorata.

Come mai?
Da una parte per il viaggio: i profughi – nonostante sappiano dell’accordo tra Europa e Turchia per cui rischiano seriamente di essere riportati in Turchia – cercano comunque di raggiungere le isole greche. Per non essere presi dalla guardia costiera viaggiano di notte e, se arrivano alle isole, non approdano al porto ma sulla costa, di nascosto. Negli ultimi mesi il mare è stato molto mosso. E gli scafisti, per convincere i profughi a partire comunque, hanno abbassato il prezzo del trasporto da mille a 800 dollari.

Cosa succede se riescono a sbarcare?
Si nascondono. Tanto che, per aiutarli, dobbiamo prendere l’automobile e andarli a cercare. Se poi vengono presi dalla polizia, vengono trasferiti a Kastellorizo e Leros, le isole di cui parlavo prima. Presto però anche a Kos, nel villaggio di Pili, nel centro dell’isola, sarà pronto un centro per i profughi. Una struttura che può tenere 800 persone, provvista di ambulatorio e uffici per la verifica dei documenti. In realtà era stata progettata per l’accoglienza. Dopo l’accordo tra Europa e Turchia è diventata una struttura detentiva, con il filo spinato intorno, da cui non si può uscire.

Cosa succede a quelli che vengono rimandati in Turchia?
Sono molto preoccupato per loro perché nessun sa veramente cosa li aspetta una volta tornati indietro: ci sono strutture d’accoglienza? E di che tipo? E quanto ci rimarranno? Un mese? Cinque mesi? Di più? E poi saranno riportati in Siria? Ma in Siria a fare cosa se hanno abbandonato tutto per venire qui… Verso che futuro stiamo mandando soprattutto i bambini?

Come vivono questa situazione i residenti?
Credo che molti greci nutrano timori per il comparto turistico. L’arrivo dei profughi, infatti, compromette il turismo, che soprattutto a Kos è l’unica risorsa che consente alla popolazione di vivere. La crisi economica si fa sentire: due anni fa avevamo 25 famiglie che venivano al nostro monastero a prendere il pacco alimentare; oggi sono 109, di cui la maggior parte famiglie greche. Aiutare tutti è difficile e voglio lanciare un appello: abbiamo bisogno di generi alimentari a lunga conservazione, riso, lenticchie, biscotti e gallette, tonno, sardine…, ma anche shampoo e dentifrici per la più basilare igiene personale.

È possibile sostenere l’azione di fra John Luke tramite ATS Pro Terra Sancta, ong della Custodia di Terra Santa, indicando che il versamento è in favore di Rodi.

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