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Nel sogno di Mohammed il tripudio di Gaza

Giuseppe Caffulli
20 aprile 2016
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Nel sogno di Mohammed il tripudio di Gaza

Il film The Idol è la storia vera di Mohammed Assaf, il palestinese vincitore nel 2013 del talent show Arab Idol. Racconta come i sogni possano diventare realtà e contribuire a cambiare il mondo.


Immaginiamo già le critiche: una storia melensa, un melodramma in salsa araba, un film ideologico, una sceneggiatura discontinua e naif, una vicenda incredibile… Quando si parla di Gaza e di cose palestinesi, scatta inesorabilmente (da parte di alcuni) una presa di distanza, un diaframma. La realtà non è mai il mondo come vorremo che fosse. Ma anche nel peggiore dei mondi, esiste una speranza, un barlume che spinge l’uomo, di ogni tempo e a ogni latitudine, ad alzare lo sguardo.

The Idol, la storia incredibilmente vera di Mohammed Assaf, il ragazzo palestinese vincitore nel 2013 del talent show Arab Idol, ci racconta proprio come i sogni possano diventare realtà e contribuire a cambiare il mondo.

Il regista Hany Abu-Assad (Paradise Now, Omar) prende per mano lo spettatore e lo mette subito in contatto con la vita quotidiana dell’infanzia a Gaza, tra suq colorati e macerie. La pellicola ripercorre la storia del giovane ragazzo fin da quando, spinto dalla sorella Nour, decide di fondare un gruppo musicale insieme agli amici Ahmad e Omar. Le vicissitudini dei quattro (Nour compresa, unica femmina in un mondo maschilista) sono molteplici: devono difendersi da ladri e approfittatori, ma il sogno della musica e di un futuro migliore diventa sempre più importante. Mohammed ha una bella voce, e il suo dono innato gli permette di esibirsi nelle feste di matrimonio (guadagnando qualche spicciolo) e di cantare nelle moschee. La morte di Nour (malata ai reni) getta nello sconforto i ragazzi. Ciascuno prenderà una strada diversa (Omar addirittura quella del fondamentalismo religioso). Il sogno è sepolto sotto la cenere ma non è spento.

Il racconto compie un salto temporale di dieci anni. Mohammed fa il tassista, è arrabbiato con la vita e non ha ancora elaborato il lutto della perdita della sorella. Solo il canto tiene accesa una speranza. Sarà la possibilità di partecipare alle selezioni di Arab Idol, con la rocambolesca fuga da Gaza per raggiungere l’Egitto (dove si svolgono le selezioni) a ridare corpo alla possibilità di riscatto di una generazione stretta dall’occupazione israeliana, ostaggio della guerra e di una società violenta (quella governata da Hamas e dai fondamentalisti islamici, che considerano il canto un peccato).

Mohammed Asaf passa le selezioni, viene mandato alla finale di Beirut e vince il talent, diventando davvero l’idolo di Gaza e di tutti i giovani palestinesi, che vedono in lui una concreta speranza di cambiamento.

Nel film ci sono tutti gli ingredienti capaci d’emozionare: le storie dei bambini che sognano un futuro diverso, con il loro candore portatore di una vera forza rivoluzionaria; la vicenda di chi sembra destinato a perdere e invece riesce a trovare la strada per il riscatto e la vittoria, novello Davide contro Golia. Ma c’è soprattutto il grido di un popolo, che vive in una situazione oggettivamente disumana.

Il regista, che ha avuto il permesso di girare alcune scene all’interno di Gaza, ci conduce per mano tra i paesaggi devastati dai bombardamenti del 2014, un girone infernale fatto di palazzi sventrati, recinzioni con filo spinato, tunnel sotterranei e contraddizioni inenarrabili (poveri e storpi da una parte, ricchi che possono permettersi di fare arrivare hamburger caldi dai McDonald’s oltre il confine con l’Egitto dall’altra).

E alla fine il racconto cinematografico si salda alla storia vera, alle immagini (di repertorio) della gente a Gaza che esulta per la vittoria di Asaf e lo stesso Mohammed (quello vero) che riceve il premio finale, in un tripudio di luci e colori.

Girato con mano felice da un cineasta di indubbio valore come Adu-Assad, The Idol è un riuscito romanzo popolare, mai sopra le righe, che pur esprimendo chiaramente un preciso punto di vista, si tiene alla larga da qualsiasi tentazione militante. In un contesto di morte e distruzione, dove ogni umanità è smarrita, l’unica forza che sembra poter vincere è quella del cuore e della bellezza: «Siamo circondati dall’orrore, ma tu hai una voce bellissima», dirà a Mohammed (un intenso Toufic Barhom) una sua amica d’infanzia. Perché sono i sogni dei bambini quelli capaci di cambiare il mondo.

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