Un raggio di luce rompe il buio della notte più santa, quella della Risurrezione. Come tradizione la Chiesa ortodossa celebra la discesa del Fuoco Santo sulla Tomba del Signore a Gerusalemme nel corso del Vespro del sabato che precede la Pasqua, che quest’anno si celebra il primo maggio.
Di questa celebrazione (che gli ortodossi indicano come «miracolo») parlano già san Gregorio di Nissa (+394), san Giovanni Damasceno (+780) e lo storico della Chiesa Eusebio di Cesarea (secolo IV). Cosa accade? Nella veglia del Sabato Santo, il patriarca ortodosso di Gerusalemme, o in sua vece un altro vescovo ortodosso, entra nel Sepolcro per pregare davanti alla Tomba. Secondo la tradizione, al termine della preghiera (a cui partecipano all’esterno dell’Edicola del Santo Sepolcro migliaia di fedeli ortodossi) sul banco di marmo che ora ricopre la tomba vuota di Cristo appaiono scintille come perline o gocce luminose. Per diversi minuti la Santa Luce non ha le caratteristiche del fuoco. Il patriarca ortodosso esce infine dal Santo Sepolcro e dona la Luce ai fedeli, che la propagano accendendo migliaia di candele. Si dice che chi tocca la fiamma non ne venga scottato. Che si tratti di suggestione (o come qualche maligno paventa, di un trucco), sta di fatto che la celebrazione del Fuoco Santo è una espressione vibrante di fede da parte della comunità ortodossa. Fedeli e pellegrini da tutto il mondo si recano infatti a Gerusalemme per rivivere il Mistero della Risurrezione di Cristo dalla morte.