(c.g.) – Fino a domenica 10 aprile si svolge a Firenze Middle East Now, un festival dedicato al Medio Oriente contemporaneo, tra cinema cultura e cibo: 44 i film in cartellone – quasi tutti in anteprima italiana ed europea – tra lungometraggi, documentari, film d’animazione e cortometraggi provenienti da Iran, Iraq, Kurdistan, Libano, Israele, Libia, Palestina, Egitto, Giordania, Emirati Arabi, Yemen, Afghanistan, Siria, Bahrein, Algeria e Marocco.
Il festival, che è giunto alla sua settima edizione, quest’anno è intitolato Live & Love Middle East («Vivere e amare. Medio Oriente»). «Il titolo esprime bene la prospettiva che vogliamo raccontare – spiega Roberto Ruta, direttore artistico di Middle East Now -. Il Medio Oriente non è solo una fucina di guerre e attentati. Al di là delle cattive notizie, è popolato da persone che vivono la speranza, cercano il cambiamento nonostante le difficoltà, vogliono guardare al futuro. Per questo i film che abbiamo selezionato raccontano storie personali originali, oltre i pregiudizi e i luoghi comuni delle nostre rappresentazioni».
Tra i film più attesi dell’edizione 2016, va ricordato Degradé, lungometraggio palestinese di Tarzan e Arab Abunasser: racconto corale di 12 donne costrette a rimanere in un salone di parrucchiere a Gaza, mentre fuori si affrontano bande rivali. Poi A syrian love story, girato da Sean Mcallister, regista scozzese che per cinque anni ha seguito una coppia di attivisti siriani, marito e moglie, raccontandone la vita tra figli, separazioni e riunioni, difficoltà e speranze. Infine la storia romantica Barakha meets Barakha, prima commedia cinematografica saudita, girato a Gedda. Da vedere per chi desidera conoscere meglio chiusure e speranze della società saudita.
Tra gli eventi speciali del festival, due mostre fotografiche sulla Siria: Our limbo della fotografa Natalie Naccache, un diario collettivo di cinque donne siriane che hanno lasciato il loro Paese prima della guerra e che si vedono ora impossibilitate a tornarci; e poi Live, love refugee di Omar Imam, fotografo che ha girato i campi profughi chiedendo ai rifugiati siriani di rappresentare di fronte all’obiettivo i loro incubi più profondi. «C’è un ospite che considero davvero speciale a questa edizione – racconta Ruta -: si tratta di Kamal Mouzawak, cuoco libanese e attivista del cibo. Ha fondato il primo mercato biologico del Libano, dove i piccoli produttori possono vendere i prodotti della loro terra; e ha promosso molte iniziative a favore dei rifugiati siriani. Vede il cibo come sviluppo ed emancipazione. A Firenze propone tra l’altro una lezione di cucina in cui spiega come si prepari il perfetto tabulé (pietanza araba composta da molte verdure diverse – ndr) che lui considera la metafora dell’attuale Libano».
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