Il progetto dell’associazione Beit haShanti, «Casa di pace/serenità», fondata circa trent’anni fa per aiutare ragazzi e ragazze israeliani abbandonati e senza casa. L’associazione offre ospitalità e, soprattutto, calore famigliare.
La tradizione ebraica ha sempre sostenuto l’importanza di valori come la solidarietà e la giustizia, considerati indispensabili per l’equilibrio sociale e il benessere di tutti, per questo insegna che «il mondo si regge su tre cose: sulla Torah – l’insegnamento divino rivelato al Sinai – sul servizio divino e sulle opere di bene» (Mishnah, Avoth I,2). In questa prospettiva si collocano sia l’amore per il prossimo (cfr Lv 19,18) che l’attenzione alle fasce sociali più deboli e alle situazioni di disagio e di emarginazione, come il progetto dell’associazione Beit haShanti, «Casa di pace/serenità», fondata da Mariuma circa trent’anni fa per aiutare ragazzi e ragazze abbandonati e senza casa. L’associazione, che opera attraverso due strutture – una casa a Tel Aviv e un villaggio nel deserto del Neghev – offre non solo ospitalità e accoglienza ma soprattutto calore famigliare: «Alla Beit haShanti i ragazzi capiscono che non sono stati abbandonati ma che sono invece stati trovati; non sono vittime ma persone che hanno conquistato la libertà iniziando il viaggio per salvare le loro vite».
Così descrive l’attività associativa la fondatrice Mariuma in un’intervista rilasciata ad Ilaria Myr per il Bollettino della Comunità Ebraica di Milano (Novembre 2015), alla quale racconta la sua storia e la decisione di dedicare la vita al sostegno degli emarginati: dopo un’infanzia e un’adolescenza difficili, terminato il servizio militare, decide di convivere con il suo ragazzo in un sobborgo periferico e malfamato di Tel Aviv; nel 1984, a vent’anni, scopre di essere incinta e decide di dare una svolta positiva alla sua vita: comincia ad aprire il suo appartamento a chi ne ha bisogno soprattutto in occasione delle festività ebraiche e, nel giro di poco tempo, una settantina di ragazzi in difficoltà si stabiliscono nel suo cortile e lì ritrovano una casa, qualcuno disponibile ad ascoltarli e ad accoglierli. È proprio in quel momento che nasce il nome Shanti: una ragazza appena tornata dall’India le dice: «Qui mi sento così shanti, che in hindi significa “in pace”, cioè “serena”». Poche ore dopo un ragazzo scrive sul muro di casa «Benvenuti nella Beit haShanti», cioè nella «Casa dove si è in pace, sereni», nome che da allora non è stato più cambiato. Qualche tempo dopo Mariuma ospita una ragazza vittima di violenza sessuale e, per la prima volta, condivide con lei la stessa atroce esperienza vissuta a 17 anni e mai raccontata, inoltre capisce il senso di quanto fatto fino a quel momento e della sua missione. Da allora ha accolto e salvato nelle sue due strutture associative più di 40 mila ragazzi in Israele provenienti da qualsiasi livello sociale, religioso e culturale, offrendo rifugio sia a breve che a lungo termine, assistenza psicologica, attività ricreative ma soprattutto l’atmosfera di una casa: «Ragazzi e ragazze arrivano nella nostra casa rifiutati, traumatizzati emozionalmente, senza il calore di una casa, abusati mentalmente e sessualmente. Da noi si integrano nella vita sociale, frequentano le scuole locali, vanno al servizio militare e in molti casi frequentano l’università. Riescono, insomma, a costruirsi una vita normale».
Un modello terapeutico che può essere adottato ovunque, perché quello del calore di una casa e di una famiglia è un bisogno universale, senza alcuna distinzione, che Mariuma porta avanti nell’orizzonte di un noto insegnamento tradizionale: «Chi salva una vita salva il mondo intero» (Talmud Babilonese, Sanhedrin 37a).
Terrasanta 2/2016
Eccovi il sommario dei temi toccati nel numero di marzo-aprile 2016 di Terrasanta su carta. Tutti i contenuti, dalla prima all’ultima pagina, ordinati per sezioni. Buona lettura!
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