Il presidente al-Sisi ha chiesto ai cittadini un contributo economico volontario. A questo appello alla solidarietà nazionale, gli egiziani, in patria e all’estero, hanno risposto superando ogni aspettativa.
Non si può negare che le due rivoluzioni avvenute in Egitto (l’autore si riferisce alla Primavera araba del 2011 e alla destituzione del presidente Morsi nel giugno 2013 – ndr) abbiano causato tanti danni a livello sociale. La crisi è più che ovvia anche all’interno delle famiglie. Alcuni settori, quali il turismo, sono stati colpiti tanto duramente che gli operatori e le guide egiziane sono praticamente senza lavoro dal 25 gennaio 2011. La maggior parte delle guide turistiche ha dovuto addirittura cambiare mestiere, restituendo al sindacato il tesserino professionale. Per non parlare poi del settore alberghiero, dei trasporti aerei, della navigazione croceristica sul Nilo, della ristorazione…
Di fronte a questa situazione il presidente al-Sisi, il 24 giugno del 2014, iniziando il suo mandato, aveva deciso di devolvere la metà del suo stipendio mensile (42 mila lire egiziane, circa 5 mila euro) in favore del Paese. Inoltre, aveva disposto una donazione dal suo patrimonio (anche qui si dice circa la metà dell’ammontare complessivo) invitando tutti gli egiziani a fare altrettanto, per contribuire anche con le proprie risorse alla grave crisi finanziaria.
Nel 2014, precisamente il primo luglio, la presidenza della Repubblica annunciava l’istituzione della cassa tahya masr («Viva l’Egitto») per sostenere l’economia nazionale, vincere le circostanze difficili in cui vive il Paese e consolidare la giustizia sociale.
Ma perché questa cassa non fosse ad «uso privato», è stata nominata una commissione composta dall’imam di al-Azhar, lo sceicco Ahmad al-Tayyib, dal patriarca copto-ortodosso Tawadros e da Hisham Ramiz nella qualità di governatore della Banca centrale egiziana
Per evitare al Paese di rivivere l’amara esperienza sperimentata con i Fratelli Musulmani, che raccoglievano fondi senza il controllo di alcuna autorità nazionale, al Sisi ha posto la cassa sotto il pieno controllo dell’organismo centrale della contabilità al fine di poter seguire le varie operazioni in un quadro di trasparenza e credibilità.
A questo appello alla solidarietà nazionale, gli egiziani sia in patria che all’estero hanno risposto superando ogni aspettativa. Su Internet, in vari siti istituzionali, sono riportati gli elenchi sia dei donatori sia le varie destinazioni di questa raccolta fondi. La cosa che stupisce è che, mentre i nostri cittadini, come i loro simili in qualsiasi parte del mondo, cercano di fuggire dal pagare le tasse, questi stessi cittadini si sono precipitati a donare, e di cuore, le loro offerte per il bene del Paese.
Visto il successo di questa raccolta fondi, il presidente ha lanciato un’altra iniziativa. Si chiama Sabbah ‘ala Masr («Buongiorno Egitto»). In cosa consiste? Su 90 milioni egiziani, almeno dieci milioni possiede un cellulare. Inviando un sms ad un numero particolare, è possibile donare da una a cinque lire egiziane. Soldi che entrano automaticamente nella cassa Tahya Masr. Anche in questo caso il risultato è stato significativo, permettendo a tanti di contribuire con una sorta di «obolo della vedova».
In passato diverse campagne di raccolta erano state tentate, ma senza grandi risultati. Se da un lato è vero che l’Egitto prova a reggersi con le sue proprie forze e la sua compattezza, e non tanto grazie alla politica, è pur vero che queste iniziative di raccolta fondi sostenute dalla presidenza sono un piccolo segnale della popolarità e della presa sull’opinione pubblica di cui gode ancora oggi al-Sisi.
Terrasanta 2/2016
Eccovi il sommario dei temi toccati nel numero di marzo-aprile 2016 di Terrasanta su carta. Tutti i contenuti, dalla prima all’ultima pagina, ordinati per sezioni. Buona lettura!
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