Il Giubileo della Misericordia è iniziato e ci ha introdotto in un anno molto particolare, spiritualmente parlando. In dicembre ho avuto la grazia di poter visitare Roma con i miei genitori e alcuni amici e poter fare esperienza dell’attraversamento della Porta Santa di San Pietro e delle altre basiliche. Mi ha incuriosito molto il simbolo del Giubileo che campeggia un po’ ovunque, nelle chiese, nei poster, ricamato su casule e stole e posto al centro della croce che tutti i pellegrini che si incamminano verso la Porta Santa portano processionalmente verso San Pietro. Mi è parso quindi interessante studiarne un poco la descrizione e la spiegazione delle varie parti che lo compongono e cercare nell’iconografia antica la sua origine e somiglianza.
Il logo è opera del padre gesuita Marko Rupnik e si presenta come una piccola summa teologica del tema della misericordia. Mostra, infatti, il Figlio che si carica sulle spalle l’uomo smarrito, recuperando un’immagine molto cara alla Chiesa antica, perché indica l’amore di Cristo che porta a compimento il mistero della sua incarnazione con la redenzione. Il disegno è realizzato in modo tale da far emergere che il Buon Pastore tocca in profondità la carne dell’uomo, e lo fa con amore tale da cambiargli la vita. Un particolare che non si nota immediatamente, ma che non può sfuggire è che il Buon Pastore con estrema misericordia carica su di sé l’umanità, ed i suoi occhi si confondono con quelli dell’uomo. Cristo vede con l’occhio di Adamo e questi con l’occhio di Cristo. La scena si colloca all’interno della mandorla, anch’essa figura cara all’iconografia antica e medioevale che richiama la compresenza delle due nature, divina e umana, in Cristo. I tre ovali concentrici, di colore progressivamente più chiaro verso l’esterno, suggeriscono il movimento di Cristo che porta l’uomo fuori dalla notte del peccato e della morte. Come detto, l’immagine che padre Rupnik ha reso in modo moderno, secondo il suo stile, richiama un modello iconografico che la Chiesa antica amava, quello del Cristo-Buon Pastore, ma ancor più quello del Cristo-Buon Samaritano. I Padri della Chiesa riconobbero nel personaggio misterioso della parabola di Gesù il Cristo stesso, un’interpretazione che venne per questo rappresentata nelle antiche icone proposte alla preghiera dei fedeli. Scriveva Clemente Alessandrino: «E chi è quel Samaritano se non lo stesso Salvatore? O chi fa maggiore misericordia a noi, quasi uccisi dalle potenze delle tenebre con ferite, paure, desideri, furori, tristezze, frodi, piaceri? Di queste ferite solo Gesù è medico; egli solo sradica i vizi dalle radici».
Nelle icone, Gesù è allo stesso tempo il Buon Samaritano e il malcapitato nelle mani dei briganti: stesso volto, stesse sembianze, a volte il ferito ha i segni della passione, le mani e il costato forati ed è quindi lo stesso uomo come nell’icona di Rupnik, perché è Lui che assumendo la natura umana ha subito le sofferenze e le prove che noi subiamo, ma allo stesso tempo è Lui solo che può comprenderci e guarirci. Gesù è disceso dalla Gerusalemme celeste per salvare l’umanità esanime e ferita che giace ai bordi della strada, avvolta dalle tenebre del male e della cattiveria. Il Verbo si è fatto carne e ha posto la sua tenda sulla via che scende verso le nostre Gerico. La strada è la cattedra di Gesù, il luogo dove Dio manifesta la sua presenza e diventa medico dei corpi e delle anime. Lungo la strada Gesù annuncia la «buona novella», guarisce i malati, scaccia i demoni, incontra pubblicani e prostitute; la strada è l’itinerario della misericordia divina. Dio è sempre sulla strada. La strada è il Santuario dove Gesù ci educa… che bel paragone anche per il pellegrinaggio che vivremo durante il Giubileo, percorrendo anche solo simbolicamente un tratto di strada verso un santuario o una Porta Santa.
Nel suo libro Gesù di Nazaret. Dal battesimo alla trasfigurazione (Bur, 2011) papa Benedetto XVI sottolinea: «Se la vittima dell’imboscata è per antonomasia l’immagine dell’umanità, allora il samaritano può solo essere l’immagine di Gesù Cristo. Dio stesso, che per noi è lo straniero e il lontano, si è incamminato per venire a prendersi cura della sua creatura ferita. Dio, il lontano, in Gesù Cristo si è fatto prossimo. L’immagine di Gesù, buon samaritano, diventa l’icona dell’amore di Dio, di Colui che viene accanto ad ogni uomo piagato nel corpo e nello spirito e versa sulle sue ferite l’olio della consolazione e il vino della speranza». Ricordiamoci di tutti questi approfondimenti quando vedremo il simbolo del Giubileo durante questo anno o quando ci capiterà di pregare l’icona del Buon Samaritano. Che per tutti sia un anno di vera grazia e misericordia, perché, come ha invitato papa Francesco, possiamo essere Misericordes sicut Pater, misericordiosi come il Padre. Buon Giubileo a tutti.
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Clicca qui per un’intervista in video del Centro Televisivo Vaticano a padre Marko I. Rupnik sj, autore del logo del Giubileo della Misericordia.
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