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I primi arrivi del corridoio umanitario ecumenico verso l’Italia

Laura Silvia Battaglia
25 febbraio 2016
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I primi arrivi del corridoio umanitario ecumenico verso l’Italia
4 febbraio 2016. Il corridoio umanitario s'apre con l'arrivo a Roma della famiglia Al Hourani, composta da Yasmine e dal marito Suleiman con i due figli Falak e Hussein.

All'inizio di febbraio è entrato nel vivo, con l'arrivo a Roma della prima famiglia di profughi siriani, l'esperimento del corridoio umanitario verso l'Italia lanciato dalla Comunità di Sant’Egidio e dalla Federazione delle Chiese evangeliche d’Italia, con il sostegno finanziario della Tavola Valdese. Daniela Pompei, che segue il progetto dall'inizio, ci spiega a che punto siamo.


Alla Comunità di Sant’Egidio ormai tutti sanno che, quando il 4 febbraio scorso la prima famiglia siriana è arrivata dal Libano, con i suoi quattro membri (padre, madre e due bambini, di cui una bisognosa di cure) al centro romano per i migranti dove la famiglia ora è ospite, c’è stata festa grande e un’accoglienza indimenticabile. Per portare a Roma questo nucleo famigliare – primo trasferimento nel quadro del progetto di apertura di corridoi umanitari verso l’Italia – la comunità di Sant’Egidio si è fatta in quattro e nessuno, sia a Roma che in Libano, si è risparmiato per districarsi in un ginepraio di visti, permessi, controlli, passaporti, nulla osta delle autorità, superamento di problemi logistici e culturali.

Di fronte alle stragi del Mediterraneo, lo speciale canale dedicato ai migranti in fuga da guerre e conflitti e meritevoli di visto per motivi umanitari, è ormai ufficialmente aperto. La Federazione delle Chiese evangeliche d’Italia – con il sostegno finanziario della Tavola Valdese, che mette a disposizione fondi derivanti dall’8 per mille – e la Comunità di Sant’Egidio ci lavorano da parecchio tempo e ora possono dire senza timori di avere inaugurato una novità assoluta per l’Italia. Daniela Pompei, docente di Scienze sociali all’università Roma Tre, responsabile per Sant’Egidio del servizio agli immigrati (scuole di lingua; centri di accoglienza; assistenza a rifugiati e rom), segue l’iniziativa fin dalla sua creazione e ne stila un iniziale bilancio con Terrasanta.net.

«Il primo bilancio è ottimo. La prima famiglia è arrivata non senza difficoltà e uno dei due figli della coppia, una bambina, che ha necessità di cure, è già seguita in un ospedale di Roma, come previsto».

La base giuridica dei corridoi si basa su una norma (l’articolo 25 del Regolamento CE n. 810/2009 del 13 luglio 2009) che istituisce il Codice comunitario dei visti, vale a dire la possibilità di concedere visti con validità territoriale limitata, in deroga alle condizioni d’ingresso previste da Schengen. Quanti visti per motivi umanitari verso l’Italia verranno concedessi in Libano, Marocco ed Etiopia?
Il percorso che abbiamo davanti è articolato e complesso. Abbiamo già lavorato per un anno al fine di ottenere le firme delle autorità libanesi. A fine febbraio attendiamo un secondo corridoio umanitario per un altro centinaio di persone da due campi del Libano e, complessivamente, l’accordo coinvolge un massimo di 600 persone che verranno instradate verso l’Europa entro fine marzo. Sul Marocco, l’attuazione del progetto dovrebbe partire in maggio con 150 persone. Riguardo l’Etiopia, che è l’ultimo step e anche il più difficile, per la complessa situazione regionale e anche per quella dell’Eritrea, siamo all’inizio delle trattative. Il corridoio dall’Etiopia partirà, presumibilmente, tra luglio e settembre 2016, non prima.

I passaggi migratori «di sicurezza» sono un progetto pilota. Quanto è alta la speranza che dall’essere un segno possa diventare una buona pratica?
Siamo molto speranzosi anche perché questo progetto è chiaramente pilota. Ci sono molti motivi che ci guidano in questa convinzione. Il primo è che abbiamo ottimi rapporti con i Paesi dai quali i migranti partono e, per Libano e Marocco, possiamo certamente parlare di piena disponibilità, accordo e collaborazione. Secondo, perché la Commissione Europea è sensibile al tema e ci sono Paesi, come la Germania, dove si parla di corridoi umanitari da tempo e dunque c’è una misura pronta per essere attivata.

Qual è il rapporto tra Sant’Egidio e le Chiese valdesi?
Ottimo. È uno dei risultati di cui siamo più fieri, sia per la sinergia di intenti e di opere con le Chiese valdesi, sia per il risultato. Volevamo un progetto ecumenico ed eccolo realizzato.

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