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Al Cairo un giornalista e una scrittrice in carcere per alcune critiche all’Islam

Terrasanta.net
19 febbraio 2016
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Al Cairo un giornalista e una scrittrice in carcere per alcune critiche all’Islam
Da sinistra Islam Behery e Fatima Naoot.

Da due anni e mezzo i Fratelli musulmani non governano più in Egitto. Ma i processi e le condanne per «blasfemia» - che prevedono pene di detenzione anche severe - non si sono interrotti. Nelle ultime settimane, anzi, sono stati condannati in modo esemplare due personaggi pubblici molto noti: il conduttore Islam Behery e la scrittrice Fatima Naoot.


(c.g.) – Da due anni e mezzo i Fratelli musulmani non governano più in Egitto. Ma i processi e le condanne per «blasfemia» – che prevedono pene di detenzione anche severe – non si sono interrotti. Nelle ultime settimane, anzi, sono stati condannati in modo esemplare due personaggi pubblici molto noti: Islam Behery, conduttore televisivo esperto di temi islamici, a cui è stato inflitto un anno di detenzione; e Fatima Naoot, poetessa e scrittrice musulmana vicina al mondo copto, che di anni di carcere ne dovrà scontare tre.

Behery è uno dei volti più amati del canale satellitare egiziano Al Kahera Wal Nas («Il Cairo e la gente» – ndr), dove ha condotto a lungo uno show quotidiano intitolato «Con l’Islam» sui vari aspetti della vita e del pensiero musulmano. Secondo la testata digitale egiziana The Cairo Post nel corso della sua trasmissione Behery avrebbe messo in dubbio la credibilità delle fonti degli Hadit, i detti del profeta Maometto, che sono la seconda fonte dell’insegnamento islamico dopo il Corano. Nell’aprile 2015 l’università Al-Azhar, la maggiore autorità accademica sunnita egiziana, denunciò Behery per la diffusione «di idee che violano i fondamenti dell’Islam e il suo sistema di leggi».

Poche settimane dopo, per timore di venire oscurata, la rete televisiva preferì sospendere lo show di Behery. A maggio l’anchorman fu condannato a 5 anni per «diffamazione della religione», scesi in via definitiva ad uno nel mese di dicembre.

Fatima Naoot, invece è stata condannata a tre anni e a una multa di 2.500 dollari, in via definitiva, solo pochi giorni fa. La sentenza è divenuta immediatamente operativa e la Naoot potrà ricorrere in appello ma solo da dietro le sbarre.

Di che espressione blasfema si sarebbe macchiata la scrittrice? Secondo il sito di informazione Middle East Eye avrebbe criticato lo sgozzamento degli animali in occasione della festa islamica dell’Eid al-Adha, descrivendolo sulla sua pagina Facebook come «il più grande massacro commesso dagli esseri umani».

La festa di Eid al-Adha ricorda un episodio della vita del Abramo, considerato un profeta anche dai musulmani. Secondo il Corano, Abramo stava per sacrificare a Dio il suo unico figlio, Ismaele, quando Dio stesso intervenne per provvedere un agnello per il sacrificio. «Ogni anno c’è un massacro perché un buon uomo, una volta, ha fatto un incubo che coinvolgeva il suo amato figlio – ha scritto la Naoot in un articolo pubblicato dal quotidiano El-Masry El-Youm – e, sebbene l’incubo sia finito per l’uomo e suo figlio, le pecore ancora oggi continuano a pagare con la vita le conseguenze di quel sacro incubo…». Durante il processo la Naoot ha ammesso di aver scritto il post su Facebook, ma al tempo stesso ha negato che il suo scopo fosse quello di insultare l’Islam. La scrittrice ha invece ha sostenuto che gli uomini giustificano il loro desiderio di uccidere e il profumo inebriante della cucina tentando di attribuire un significato divino alle loro azioni. «Non sono triste per la sentenza – ha dichiarato al termine del processo la Naoot all’Agenzia France Presse – e non mi importa di finire in galera. Sono triste perché gli sforzi dei riformisti non sono serviti a nulla».

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