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La città di Aden, esempio di resilienza

Laura Silvia Battaglia
12 gennaio 2016
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È stata teatro degli scontri più efferati della guerra civile ancora in corso ed è il centro urbano yemenita, adesso liberato dalle forze lealiste del presidente Hadi, che è maggiormente minacciato dagli uomini del sedicente Stato Islamico (Isis): recentissimo l’attentato al governatore della città e alla sua scorta. Ma Aden è una città che non si arrende...


È stata teatro degli scontri più efferati della guerra civile ancora in corso ed è il centro urbano yemenita, adesso liberato dalle forze lealiste del presidente Abd Rabbo Mansour Hadi, che è maggiormente minacciato dagli uomini del sedicente Stato Islamico (Isis): recentissimo l’attentato al governatore della città e alla sua scorta. Ma è una città che non si arrende e ha una cittadinanza straordinariamente resiliente.

Così, in questi ultimi giorni, ha mostrato di sapere affrontare i traumi del dopoguerra con l’arte. In una galleria all’aperto, nel vecchio quartiere di Crater, un gruppo di giovani intellettuali ha reso fruibile per tutti una mostra di pittura, per accendere la speranza di una vita quotidiana tornata alla normalità.

Il focus è la città antica, la sua storia e la valorizzazione del suo patrimonio artistico e culturale. La mostra, su diversi livelli, è articolata in tre temi principali: il rifugio, l’umanità, l’identità, tutti declinati su Aden. In sostanza, l’iniziativa è stata l’occasione per ricordare agli abitanti di Aden qual è la tipicità di questo luogo di confine, prospiciente al mare, molto bello per geografia e architettura e ugualmente appetito, per motivi strategici, da chi ha a cuore le sorti di Baab-al-Mandab, lo stretto passaggio sul mare davanti Aden.

Amr Bazifan su Yemen News Network ha intervistato uno dei visitatori che afferma: «La mostra è un tentativo da parte dei giovani della città di dimostrare che la natura di Aden e dei suoi abitanti è pacifica». Tolleranza e diversità, infatti, sono le cifre che caratterizzano Aden, appunto per il suo essere un luogo di passaggio. Alcuni dipinti lo esprimono bene, preferendo un’arte descrittiva, non simbolica. Quasi dappertutto, sono rappresentati esempi di architettura yemenita (moschee, templi, fortezze e castelli, dighe, edifici), rivisitati dalla sensibilità dell’artista, mischiati a foto d’epoca e a paesaggi naturalistici rubati al mare di Aden.

Sinna Al-shawafi è uno degli artisti: «I visitatori, nonostante siano persone di diverse etnie, generi, nazionalità ed età, per tre giorni sono stati immersi nella storia di questa città che, per noi, è unica». Una città tradizionalmente aperta, ospitale e crocevia di commerci e interessi tra Corno d’Africa, India, Penisola Arabica e Occidente, con un numero altissimo di stranieri e di yemeniti black skinned, meno integrati in altre aree del Paese e sovente sottoposti a forme di razzismo dagli abitanti «bianchi».

Ad Aden, nonostante tutto, la ricetta per resistere è praticare la coesistenza e l’orgoglio per la propria identità culturale. In questa mostra, che ha sapientemente riassunto il passato e il presente e che ha dato un segno forte della vitalità della cittadinanza, in un momento così critico per il Paese, è prevalso un sentimento comune: gli abitanti di Aden vogliono essere i «padroni» della città che desiderano preservare e difendere da qualsiasi ingerenza culturale e da ogni minaccia esterna.

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