La Turchia è ancora sotto choc per l’attentato che ieri ha sconvolto il centro storico e ha ucciso 10 turisti tedeschi. Stessa nazionalità per la maggior parte dei feriti, una decina in tutto. La polizia turca ha scatenato una caccia all’uomo in grande stile per arrestare eventuali complici e ha fermato, tra gli altri, tre russi sospettati di avere legami con l'Isis.
La Turchia è ancora sotto choc per l’attentato che ieri, 12 gennaio, ha sconvolto il centro storico e ha ucciso 10 persone, tutti turisti tedeschi. Stessa nazionalità per la maggior parte dei feriti, una decina in tutto. Il governo di Berlino ha fatto però sapere che non c’è alcuna prova che l’attentatore suicida avesse come obiettivo primario quello di colpire turisti provenienti dalla Germania.
Tra le mosse da registrare da parte della polizia turca, che ha scatenato una caccia all’uomo in grande stile per arrestare eventuali complici, il fermo di tre cittadini russi nella provincia meridionale di Antalya, sospettati di avere legami con lo Stato islamico (Isis). I tre, secondo fonti turche, avrebbero fornito supporto logistico al kamikaze.
Qualcuno ha visto nella mossa di Ankara un nuovo capitolo nella diatriba con la Russia, dopo l’abbattimento dell’aereo russo a fine novembre. Ma la notizia non ha sorpreso gli analisti, dato che, a dar credito alle fonti d’intelligence, sarebbero poco meno di 3 mila gli integralisti islamici russi che combattono per l’Isis tra Siria e Iraq.
Oltre all’arresto dei tre russi, in Turchia sono state fermate decine di altre persone, tra cui 15 siriani e un turco di Ankara. Il maggior numero di arresti (21) è stato eseguito a Sanliurfa, vicino al confine con la Siria. Altri nella zona di frontiera di Kilis, nella provincia di Mersin, ad Adana e Dyarbakir.
Intanto, con il passare delle ore, filtrano notizie sull’identità dell’attentatore. Si tratterebbe di Nabil Fadli, un siriano nato in Arabia Saudita nel 1988, ed entrato in territorio turco poche settimane fa passando dalla Siria. Secondo la polizia turca, il kamikaze avrebbe addirittura presentato domanda di asilo politico in Turchia la settimana scorsa. Secondo quanto riportato dalla stampa turca, il suo nome non figurerebbe sulle liste di ricercati né in Turchia né in altri Paesi.
L’attentato di Istanbul ha colpito al cuore la Turchia per ragioni evidenti: ha preso di mira una risorsa economica importante, il turismo. Inoltre ha coinvolto cittadini stranieri e ferito una città che da sempre è ponte tra civiltà e culture, tra Oriente ed Occidente.
Già nell’ultimo mese l’intelligence turca aveva lanciato diversi allarmi alle forze di sicurezza del Paese circa un possibile attacco dello Stato islamico verso turisti e stranieri. In particolare il 17 dicembre scorso e il 4 gennaio erano state diramate allerte circa possibili attentati dell’Isis contro obiettivi turistici e contro le sedi diplomatiche in Turchia dei Paesi Nato coinvolti nella guerra al Califfato.
La zona dove è avvenuto l’attentato (l’area che separa la Moschea Blu da Santa Sofia) è frequentata ogni anno da milioni di turisti stranieri. Non lontano si trova il Topkapi, il Palazzo imperiale, e altri importanti monumenti.
Lo scoppio dell’ordigno è avvenuto nella piazza antistante la Moschea Blu dove sorgeva l’ippodromo bizantino (la cui forma è ancora ben visibile nell’impianto viario del centro storico). Siamo nella parte nord della piazza, che ospita altri monumenti, tra cui l’obelisco egizio di Tutmosi III e, poco distante, la cosiddetta Fontana dell’Imperatore, ivi collocata nel 1901. Si tratta di un manufatto in pietra donato dal sovrano tedesco Guglielmo II per cercare di riparare al dispetto provocato al sultano per avere trafugato da Pergamo l’altare di Apollo (ora a Berlino).
La Fontana è visitata solo di sfuggita dalla maggior parte dei gruppi di turisti, attratti da ben altre ricchezze storiche e artistiche della Bisanzio imperiale e ottomana. Eccezion fatta per i tedeschi, per i quali la Fontana rappresenta una curiosità legata alla storia nazionale.
Se l’attentatore dello Stato islamico avesse davvero voluto colpire i tedeschi – qualcuno dice come forma di ritorsione verso Berlino a causa della restrizione nelle politiche sull’immigrazione, dopo i fatti di Colonia – sapeva certamente di poterli trovare con facilità tra l’obelisco e la Fontana di Guglielmo.