Storie, attualità e archeologia dal Medio Oriente e dal mondo della Bibbia

Nel segno di Ezechia

di Giorgio Bernardelli
3 dicembre 2015
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Nelle scorse ore è stata annunciata una scoperta archeologica molto importante a Gerusalemme: il ritrovamento di un piccolo sigillo che porta impresso il nome del re Ezechia, monarca citato nella Bibbia che si ritiene abbia guidato il regno di Giuda tra l'Ottavo e il Settimo secolo avanti Cristo. Il sigillo è venuto alla luce all'Ofel, ai piedi della Spianata delle Moschee e dunque consente di ricollegare questo luogo all'epoca del primo Tempio, distrutto da Nabucodonosor nel 586 a.C.


Nelle scorse ore è stata annunciata una scoperta archeologica molto importante a Gerusalemme. In una campagna di scavi promossa dall’Università ebraica nell’area dell’Ofel – il parco archeologico che si trova a fianco del Muro Occidentale ai piedi del monte dove sorgeva il tempio – è stato ritrovato un piccolo sigillo che porta impresso il nome del re Ezechia, monarca citato nella Bibbia che si ritiene abbia guidato il regno di Giuda tra l’Ottavo e il Settimo secolo avanti Cristo. Non è la prima traccia storica di Ezechia ad essere stata ritrovata: esistevano già altri sigilli. Ma a rendere questo particolarmente importante è il fatto che sia venuto alla luce proprio all’Ofel e dunque porti a ricollegare questo luogo all’epoca del primo Tempio, quello distrutto da Nabucodonosor nel 586 a.C.

Il reperto in sé è piccolissimo: il sigillo misura meno di un centimetro per lato. Eppure lo studio delle immagini ingrandite ha fatto emergere una scritta in ebraico antico tradotta come «appartenente ad Ezechia (figlio di Akaz) re di Giuda». La scoperta è un successo personale per Eilat Mazar, l’archeologa che da anni coordina gli scavi nel parco dell’Ir David (la zona nei pressi del quartiere arabo di Silwan da lei indicata come l’antica Gerusalemme dei tempi del re Davide) e all’Ofel. Ed è un successo anche per Elad, la contestata ong vicina al mondo dei coloni a cui l’Autorità per le antichità di Israele ha dato in questi ultimi anni sempre più mano libera negli scavi in questa zona sensibile, a due passi dal Muro Occidentale ma anche dalla spianata delle Moschee. Accanto a un quartiere di Gerusalemme tradizionalmente abitato da arabi nel quale – proprio attraverso il parco archeologico – i coloni stanno prendendo sempre più piede.

È la questione incandescente degli scavi, dove ciascuno cerca di imporre all’altro la sua storia di Gerusalemme. Letto dentro questo contesto il ritrovamento del sigillo del re Ezechia è indubbiamente un’ulteriore smentita alla pretesa di troppi palestinesi che vorrebbero negare ogni legame tra la spianata dove oggi sorge la moschea di al Aqsa e la storia del popolo ebraico. Che il tempio di Erode sorgesse proprio lì è un fatto innegabile; ma il sigillo di Ezechia conferma ulteriormente quanto la maggior parte degli archeologi ha sempre ritenuto e cioè che anche il primo tempio, quello fatto costruire da Salomone, sorgesse proprio lì.

È evidente – però – che di una scoperta del genere si può fare anche un uso politico: basta poco a utilizzarlo per rinfocolare le contestazioni su chi controlli davvero oggi l’Haram al Sharif/Monte del Tempio. Vale la pena di ricordare che la miccia che ha dato fuoco alle polveri di quella che molti chiamano «l’intifada dei coltelli» – che da due mesi ormai insanguina alcune aree di Israele e della Cisgiordania – sono state proprio le provocazioni reciproche intorno agli ebrei che pretendono di salire a pregare là dove un tempo c’era il tempio, ma oggi ci sono le moschee.

Per questo – forse – sarebbe interessante andare a rileggere nella Bibbia chi era il re Ezechia. Prendendo in mano il capitolo 29 del Secondo libro delle Cronache, ad esempio, scopriremmo che ciò per cui lo ricorda la Scrittura è soprattutto la sua riforma religiosa, che mirava a riportare nel tempio un culto autentico all’Altissimo, sradicando ogni forma di idolatria. Arrivò persino a distruggere il serpente di bronzo, eretto da Mosè nel deserto: era stato ricollocato a Gerusalemme e anche quello era diventato un idolo. Ecco, allora mi piace sognare. E sperare che questa scoperta archeologica aiuti la Gerusalemme di oggi a interrogarsi sui suoi idoli. Quelli che trasformano una pietra o un simbolo religioso in qualcosa che non ha nulla a che fare con un culto autentico. Sarebbe un modo per imparare davvero qualcosa dalla storia sempre straordinaria della Città Santa.

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Clicca qui per leggere la notizia sulla scoperta del sigillo di re Ezechia

Clicca qui per vedere su YouTube un video in cui Eilat Mazar parla della scoperta

Clicca qui per leggere dalla Bibbia il capitolo 29 del Secondo libro delle Cronache

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