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Don Santoro, una raccolta di preghiere

Carlo Giorgi
30 dicembre 2015
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Don Santoro, una raccolta di preghiere

I testi di don Andrea Santoro qui raccolti trasmettono pace e, soprattutto, parlano del mare aperto dell’esistenza che non è sempre facile attraversare. Don Andrea visse in Turchia dal 2000 al 2006, anno in cui fu ucciso.


Dove sia stata scattata la foto di copertina, non è indicato: don Andrea Santoro ha in mano la Bibbia, alle sue spalle c’è un mare piatto increspato solo un alito di vento. Potrebbero essere, immaginiamo, le sponde del lago di Tiberiade. In ogni caso, l’immagine rappresenta bene il contenuto del libro: una lunga raccolta di preghiere in forma poetica, tratte dal diario del sacerdote. Testi che trasmettono la pace propria del porto ma che, soprattutto, parlano del mare aperto dell’esistenza che non è sempre facile attraversare. Don Andrea Santoro, sacerdote della diocesi di Roma, fu fidei donum in Turchia dal 2000 al 2006, anno nel quale venne ucciso mentre era in preghiera nella chiesa di Santa Maria a Trabzon.

Arrivare in Turchia, nel 2000, fu per don Andrea come approdare a un porto tanto agognato. Vent’anni prima, nel 1980, il sacerdote aveva compiuto un pellegrinaggio in Terra Santa che rappresentò uno spartiacque nella sua esistenza. L’esperienza mistica nella terra del Signore fu così forte da fargli desiderare una vita diversa da quella della sua parrocchia romana. Anche per questo, negli anni successivi don Andrea attraversò lunghi periodi di dubbio e oscurità, dovette combattere con il disorientamento circa la strada da seguire e, a volte, con il silenzio di Dio.

Molte delle preghiere proposte in questo libro sono state scritte in questo periodo: dal 1981 al 1993, quando don Andrea era parroco nel quartiere di Verderocca, a Roma; e dal ’93 al ’95, quando guidava la parrocchia di San Fabiano e Venanzio.

I testi che leggiamo sono urla e vibranti invocazioni a Dio di un’anima che si sente persa e che continua a rimettersi nelle sue mani. Sono continui i riferimenti agli episodi del Vangelo e ai personaggi della Bibbia su cui il sacerdote sta meditando mentre scrive, pagine che tiene nel cuore e contempla. Queste preghiere di don Andrea sono di grande intensità, a tratti commuovono, e sembrano la lettura ideale per chi – come lui in quel periodo – è incerto sulla strada da percorrere e non sa più che parole usare per presentarsi a Dio, o per chi non sa più cosa chiedere al Signore, perché vede solo buio davanti a sé.

Alcune delle preghiere poi, alla luce del suo sacrificio in Turchia, sono quasi profetiche. Come quella del 20 novembre 1986 in cui scrive:

Immolami con te
che io versi con te il mio sangue
per poter prendere in mano
il destino del mondo
di tanti miei fratelli.

O quella del 3 novembre 1988 che recita:

Di nuovo verso Nazaret (…)
Da Nazaret verso dove?
Non si può che andare a Gerusalemme
a morire, a dare la vita.

Il volume contiene anche dodici appendici, testi non in forma di poesia o che non facevano parte del diario. L’ultimo di questi è una preghiera che spiega il titolo del libro Un fiore dal deserto. Il fiore è quello dell’agave, che sbocciando decreta la morte della pianta. L’agave così, si dona tutta e una volta per sempre. Così scrive don Andrea:

Anche io vorrei fiorire nella vita
dare tutto me stesso a Dio e agli altri
farlo almeno una sola volta
ma completamente.


don Andrea Santoro
Un fiore dal deserto
Preghiere dal diario
ed. San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2015
pp. 240 – 17,50 euro

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