Gli appartenenti al movimento Nanach circolano quotidianamente per le vie di Gerusalemme: in mezzo al caos di macchine e luci all’improvviso esplode la loro musica, diffusa dalle casse di un impianto stereo a tutto volume.
L’insegnamento di Rabbi Nachman di Breslav (1772-1811), pronipote del Baal Shem Tov – Rabbi Israel ben Eliezer fondatore del chassidismo – continua ad attrarre fedeli da tutto il mondo. Dopo la sua sepoltura a Uman, in Ucraina, i suoi discepoli non vollero designare un successore poiché consideravano il suo spirito ancora presente fra loro, e quanto sta accadendo ancora oggi testimonia quanto l’eredità spirituale di questo grande maestro sia viva e condivisa da molti.
I chassidim Breslav attualmente hanno una grossa Jeshivah (scuola religiosa) a Gerusalemme e si dedicano alla pubblicazione di opere letterarie legate alla personalità di Rabbi Nachman, che prediligeva il racconto come modalità di insegnamento per risvegliare il senso religioso e richiamare ai valori della tradizione e del misticismo ebraico: convinto che si possa imparare qualcosa da chiunque e che si debba soprattutto cercare il bene nell’altro, insisteva sull’importanza sia dell’umiltà che dell’allegria, della parola e del silenzio, della libertà di pensare e di interpellare Dio – litigando con Lui se necessario – per sapere cosa si aspetta con esattezza da ogni ebreo. Ricordava a tutti che saremo giudicati soprattutto sulla nostra capacità di amare, in maniera particolare nei confronti di chi ci offende o ferisce, poichè la pace risana e quella più elevata è la pace fra gli opposti.
Nel variegato orizzonte dei suoi attuali seguaci è sorto anche il movimento Nanach, fondato dal rabbino Israel Dov Odesser ridenominato Sabah – «nonno» – che nel 1984, all’età di novantacinque anni, avrebbe svelato una lettera di Rabbi Nachman inviata dal Paradiso contenente il mantra che contraddistingue il gruppo: Na Nach Nachma Nachman Me‘Uman, al quale si attribuiscono capacità miracolose compresa la previsione dell’avvento del messia. Gli appartenenti al movimento Nanach circolano quotidianamente per le vie di Gerusalemme: in mezzo al caos di macchine e luci all’improvviso esplode il suono di una cassa tecno da un furgone coloratissimo che sta attraversando la strada, un impianto stereo pompa le sue casse da rave a tutto volume. Sulle note di una vecchia hit parade da discoteca la voce di un vecchio ripete il mantra del gruppo. Il furgone da vicino in realtà si rivela una ex ambulanza carica di libri e opuscoli su Rabbi Nachman, sulle fiancate, in mezzo a graffiti e stickers, spicca enorme la faccia sorridente del rabbino Sabah, il loro fondatore. Ove si fermano attirano l’attenzione dei passanti con musica, canti, balli e tanta allegria, perché diventare seguaci di questo maestro significa vivere la spiritualità nella gioia, valore fondamentale del movimento chassidico sul quale Rabbi Nachman ha sempre insistito con forza, insegnando che è importante stare lontano dalla tristezza da lui paragonata all’idolatria. Per questo anche la preghiera deve essere gioiosa, e deve esprimersi attraverso il canto e la danza arrivando persino a forme di ballo acrobatico.
I Nanach con la loro musica e il loro stile di vita incarnano tutto questo forse in maniera estrema un po’ estrema: un po’ hippy, un po’ vagabondi, rimettono la loro vita nelle mani di Dio e affidano la loro preghiera ad una cassa tecno. Non a caso qualcuno li guarda con sospetto, tuttavia – seppur nella loro stravagante originalità – testimoniano gioiosamente la loro fede cercando linguaggi e modalità attuali condivisibili soprattutto con le giovani generazioni.