I ragazzi (e non è una novità) come «carne da macello» nella nuova ondata di violenza che scuote la Terra Santa. Più sensibili degli adulti a gesti eclatanti, si mobilitarno senza tanti ragionamenti.
Per le strade di Gerusalemme, nuovamente toccate dalla violenza, un dato risulta evidente: sono i più giovani i protagonisti della nuova intifada. Come nel 1987, quando erano i bambini a lanciare sassi contro i militari israeliani, anche stavolta i più attivi negli atti di violenza sono i giovani e minorenni, a volte poco più che adolescenti. Questo è vero sul versante palestinese. Ma è ugualmente vero sul versante israeliano, dove i più attivi nel contrastare i palestinesi sono i giovani delle colonie, intrisi di ideologia sionista. Se ne sono visti parecchi, nelle scorse settimane, sia su un fronte che sull’altro: ragazzini palestinesi che provocano apertamente ebrei ortodossi che si recano al Muro occidentale, attraversando la Porta di Giaffa o la Porta di Damasco. Ma anche giovani coloni a passeggio sulla spianata delle Moschee, a rivendicare in forma provocatoria (ma scortati dai militari) l’accesso all’area del Tempio.
I ragazzi (e non è una novità) come «carne da macello» in questa nuova ondata di violenza che scuote la Terra Santa. Certamente più sensibili degli adulti a gesti eclatanti, capaci di assorbire i proclami (siano di Hamas come della destra sionista) e disposti a mobilitarsi senza tanti ragionamenti.
Sono lo specchio, purtroppo, di vent’anni di politica israeliana e palestinese che tutto ha fatto tranne cercare le vie del dialogo e della pace. Anzì, si è impegnata a separare, dividere, polarizzare, infilandosi nel vicolo cieco della violenza e della sopraffazione. Perché alla fine una cosa risulta evidente: non c’è alternativa alla convivenza tra arabi ed ebrei in Terra Santa.