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Cristiani sotto attacco in almeno 22 Paesi

Terrasanta.net
17 ottobre 2015
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Cristiani sotto attacco in almeno 22 Paesi
La lettera «nun» araba, diventata simbolo della persecuzione contro i cristiani.

In alcune zone del Medio Oriente i cristiani rischiano di sparire entro pochi anni. È accorato l’appello che emerge dal rapporto sui cristiani oppressi per la loro fede 2013-2015, dal titolo «Perseguitati e dimenticati?» (Persecuted and Forgotten?). Il rapporto è stato presentato nei giorni scorsi dalla fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che soffre.


(c.g.) – «La paura di un genocidio, in molti casi ben fondata, ha provocato un esodo di cristiani dal Medio Oriente e da alcune regioni dell’Africa. Come conseguenza di questo esodo, il cristianesimo potrebbe scomparire dall’Iraq nei prossimi cinque anni, a meno che un soccorso internazionale in larga scala non giunga presto».

È accorato l’appello che emerge dal rapporto sui cristiani oppressi per la loro fede 2013-2015, dal titolo «Perseguitati e dimenticati?» (Persecuted and Forgotten?). Il rapporto è stato presentato nei giorni scorsi da Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs), fondazione pontificia che dipende dalla Congregazione per il clero che si occupa di soccorrere in tutto il mondo i cristiani in difficoltà. Il rapporto analizza la situazione in 22 Paesi dove le condizioni dei cristiani sono particolarmente critiche. Un terzo di questi Paesi si trova proprio in Nord Africa e Medio Oriente (Arabia Saudita, Egitto, Iran, Iraq, Israele, Palestina, Siria, Turchia).

Il dato evidente che emerge subito confrontando i dati del nuovo rapporto con quelli del precedente (che considera il periodo 2011-2013) è il peggioramento generale della condizione dei cristiani: peggioramento che secondo il rapporto – almeno in Medio Oriente – andrebbe imputato soprattutto all’affermarsi del fondamentalismo islamico. In Iraq, ad esempio, anche a causa dell’avanzata degli islamisti nel giro di dieci anni si è passati da oltre un milione di cristiani (2002), a circa 700 mila nel 2006 e a meno di 300 mila oggi.

La metà dei cristiani rimasti in Iraq ha comunque dovuto abbandonare la propria casa e accontentarsi della condizione di sfollati. Se questa tendenza allo spopolamento fosse mantenuta, secondo il rapporto si potrebbe prospettare la scomparsa del cristianesimo dal cuore della terra biblica nel giro di soli cinque anni. In ampie regioni della Siria, teatro da quattro anni di una sanguinosa guerra, i beni dei cristiani vengono sistematicamente requisiti dai fondamentalisti, molti fedeli sono stati uccisi, diversi sacerdoti sono stati rapiti e non se ne sa più nulla.

In Iran, benché l’attuale governo abbia promesso di promuovere la tolleranza religiosa, sono aumentati gli arresti e le azioni contro i cristiani. Tra costoro, nel 2014, il numero degli incarcerati è quasi raddoppiato. In Israele si registrano crescenti assalti a chiese e santuari da parte di fondamentalisti ebrei; mentre dalla Palestina non si arresta il flusso migratorio di cristiani verso l’Occidente. Secondo il rapporto, poi, l’arrivo del nuovo sovrano in Arabia Saudita (nel gennaio scorso è salito al trono Salman bin Abd al-Aziz Al Saud) non ha migliorato la situazione in fatto di fondamentalismo religioso. Solo in Egitto, tra i Paesi considerati dal rapporto, le condizioni dei cristiani sarebbero migliorate negli ultimi anni. Con l’insediamento del governo del generale Abdel Fattah Al Sisi, sono infatti terminati gli attacchi alle chiese, anche se capita che i cristiani siano ancora vittime di aggressioni, o vengano imprigionati e uccisi.

Il rapporto di Acs è aperto da una lettera di monsignor Jean Clement Jeanbart, arcivescovo greco cattolico di Aleppo: «La mia diocesi, ad Aleppo, nel Nord della Siria, è sulla linea del fronte della sofferenza – racconta il presule –. La stessa cattedrale melchita è stata bombardata sei volte e ora è inutilizzabile. La mia casa è stata colpita più di dieci volte. Stiamo affrontando la collera del jihad fondamentalista. Potremmo scomparire presto, come cristiani. Sia in Siria, sia in Iraq, le comunità cristiane come tutte le altre minoranze, sono senza difese contro l’assalto dello Stato islamico. I cristiani e le altre minoranze sono spesso coinvolti nei combattimenti, devono affrontare i disagi della fuga, spesso in assenza di ripari, cibo e cure mediche. Davvero noi siamo considerati come “pecore da macello”».

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