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Ramadan, datteri e accuse di blasfemia

fra Mamdouh Chéhab Bassilios ofm
24 settembre 2015
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In Egitto accadono ancora, anche a livello ufficiale, veri e propri atti discriminatori contro la minoranza cristiana. La luna di miele tra cristiani e musulmani del 25 gennaio 2011 sembra ormai terminata.


Se gli eventi accaduti in Egitto dopo il 25 gennaio 2011 avevano lasciato sperare un certo riavvicinamento tra copti e musulmani, alcuni degli ultimi fatti fanno temere il contrario…

Ecco alcuni episodi. Al Cairo il proprietario di una catena di fast food fa capire ai giovani in cerca di lavoro che non intende assumere «nessun copto nei suoi locali» ormai sparsi in tutto il Paese. C’è poi il perpetrarsi dei rapimenti di ragazze copte (spesso anche violentate) per costringerle a diventare musulmane. Non possiamo dimenticare le famiglie copte dell’Alto Egitto costrette a lasciar la propria casa e il proprio villaggio perché la presenza di una famiglia cristiana è invisa alla maggioranza musulmana che vi abita. Nonostante due rivoluzioni (25 gennaio 2011 e 30 giugno 2013), nonostante la presenza di un Presidente che non distingue tra cristiani e musulmani (non solo: che manifesta una vicinanza notevole ai cristiani del Paese), accadono ancora, anche a livello ufficiale, veri e propri atti discriminatori. La luna di miele tra cristiani e musulmani del 25 gennaio 2011 sembra ormai terminata.

Il 12 giugno scorso, domenica, sono stati arrestati ad Alessandria tre giovani copti: Fawzi Usama (16 anni), Shadi Sa’id (20 anni) e Stephen Muhebb (21 anni). La loro colpa? Distribuivano datteri ai musulmani nel momento in cui questi ultimi rompevano il loro digiuno di Ramandan. Il gesto di questi ragazzi è frequente sia in Egitto che in altri Paesi arabi dove convivono cristiani e musulmani. Allora come spiegare l’arresto?

Secondo la versione diffusa dai social media, i tre datteri che questi giovani offrivano erano contenuti in un sacchetto di plastica che recava un versetto delle Beatitudini. I ragazzi sarebbero stati consegnati alla polizia con l’accusa di evangelizzare i musulmani. Sono stati in seguito liberati dietro il pagamento di una cauzione di dieci mila lire egiziane. Ma per quale crimine dovrebbero essere processati? Ecco i capi d’imputazione: diffamazione della religione (izdirâ’ al-adyân) e proselitismo cristiano.

Fino alla fine di luglio, secondo lo scrittore Khaled Muntasser che si è occupato della questione sul quotidiano al-Masrî al-yôm (L’Egiziano oggi), nessuno aveva smentito i capi d’imputazione.

Fatma Naout (la scrittrice di cui abbiamo già parlato nel numero del gennaio-febbraio scorso) si è subito schierata in difesa di chi ha voluto solo compiere un atto di delicatezza nei riguardi dei propri compatrioti alla fine di una giornata di digiuno. Arrestandoli, dice la Naout, e facendo loro pagare una salata cauzione, si rischia di uccidere l’amore del bene nei loro cuori e nei cuori di chi, nei Ramadan a venire, vorrà ripetere lo stesso gesto. La Naout non ha esitato a fare appello allo stesso presidente al-Sisi affinché si scusi a nome dell’Egitto e restituisca a questi ragazzi la loro dignità.

C’è chi si è spinto a immaginare un reato di blasfemia per i tre giovani. Ed è questo alla fine che risulta più preoccupante. Commenta il pastore Refaat Fikri sul sito web Mideast Christian: «Ciò che hanno fatto questi ragazzi è positivo e dovrebbe essere ripetuto anche in futuro. Il solo gesto basta ad esprimere l’amore di Cristo. Ma per essere chiari, dobbiamo affermare che in nessun modo gesti come questo hanno a che fare con la blasfemia, ma solo con l’insegnamento evangelico. Blasfemia significa insultare e denigrare un’altra religione, cosa che non ha nulla a che vedere con l’insegnamento di Gesù. Nessun vero cristiano accetta che venga recato oltraggio ad un’altra religione».

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