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Mariam Malak, uno zero alla maturità che scuote governo e Chiesa

di Elisa Ferrero
14 settembre 2015
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La storia di Mariam Malak, che ha fatto il giro del mondo, riassume due delle questioni oggi più dibattute in Egitto: la corruzione dilagante e il ruolo della religione nella vita pubblica. Mariam, giovane copta, è una dei tanti studenti che quest’estate hanno dovuto affrontare gli esami di maturità, dal cui risultato dipende il loro futuro professionale e personale. Pur avendo sempre avuto voti eccellenti, all'esame ha ottenuto solo zeri. E con la famiglia si è ribellata a un risultato tanto improbabile.


La storia di Mariam Malak, che ha fatto il giro del mondo, riassume due delle questioni oggi più dibattute in Egitto: la corruzione dilagante e il ruolo della religione nella vita pubblica. Mariam, giovane copta residente nel governatorato di Minya, è una delle tante studentesse che quest’estate hanno dovuto affrontare gli esami di maturità, dal cui risultato dipende il loro futuro professionale e personale. In Egitto, infatti, solo chi ottiene voti alti può accedere alle facoltà universitarie più prestigiose, come ingegneria e medicina, e ambire a una certa agiatezza. Gli altri si devono accontentare di facoltà di seconda scelta, come quelle umanistiche, situate all’ultimo posto sulla scala del prestigio sociale. Si capisce, quindi, quanto possa aver sconvolto Mariam venire a sapere di aver preso uno zero tondo tondo in tutte le sette materie d’esame, tanto più che lei aveva sempre avuto voti eccellenti gli anni precedenti. Un voto del tutto inverosimile, evidentemente fasullo, che tuttavia decretava per la ragazza un destino miserabile. Destino che, però, né la ragazza, né la sua famiglia hanno voluto accettare.

Mariam, determinata a far valere i suoi diritti, ha deciso di ricorrere al tribunale, denunciando la commissione d’esame per truffa. La sua ipotesi è che i fogli d’esame con le sue risposte siano stati scambiati con quelli di un altro studente, la cui famiglia avrebbe forse pagato una mazzetta a qualcuno in cambio di un «piccolo» aiuto. Una storia di ordinaria corruzione che, giunta sulle pagine dei giornali, ha suscitato vasta solidarietà, essendo ben consci gli egiziani di quanto comuni siano questi casi. Il ministero dell’Istruzione, nonostante ciò, non ha voluto smentire quel clamoroso zero. Istituita una commissione d’inchiesta, i medici legali sono stati chiamati a confrontare la calligrafia della ragazza con quella dei fogli d’esame a lei attribuiti. Come c’era da aspettarsi, il rapporto da loro stilato ha confermato lo zero del Ministero. La famiglia di Mariam ha respinto questo rapporto, definendolo politicizzato, condannandone la poca scientificità e denunciando la mancanza di trasparenza della procedura di analisi; ma non si è arresa, chiedendo un’altra commissione d’inchiesta indipendente.

Nel frattempo, si è scatenata la girandola mediatica pro e contro la ragazza, finita anche in tivù. I sostenitori del regime, avvertendo una minaccia nel tanto osare della ragazza, hanno iniziato ad attaccarla sul piano personale: «bugiarda», «isterica», «pazza»… questi sono solo alcuni degli epiteti che le sono stati rivolti. Troppo per una ragazza così giovane e studiosa, che infatti ha avuto un tracollo nervoso ed è finita in ospedale per qualche giorno. Malgrado questo, però, lei e la famiglia non hanno ceduto di un millimetro, continuando la loro azione legale in mezzo al crescente baccano mediatico. A un certo punto, si è scomodato persino il primo ministro Ibrahim Mahleb, che ha voluto incontrarla per prometterle giustizia, «come a una figlia». Promesse vane dato che – ironia della sorte – Mahleb ha dovuto dimettersi con tutto il suo governo (su insistenza del presidente Abdel Fattah el-Sisi) proprio in seguito a un grosso scandalo di corruzione che ha portato anche all’arresto del ministro dell’Agricoltura.

Dopo la politica, è entrata in scena la Chiesa. I particolari non sono chiari, ma quel che è certo (perché confermato sia dai portavoce ecclesiastici, sia dalla famiglia della ragazza) è che Mariam avrebbe dovuto incontrare papa Tawadros, non si sa se per parlare della sua vicenda scolastica o se per un puro desiderio spirituale. Ma incontrando il papa in quel momento, c’era il rischio di rafforzare l’immagine della Chiesa come unico rappresentante politico dei copti, come unica istanza mediatrice alla quale rivolgersi, da cristiana, per far valere i propri diritti nei confronti dello Stato. Percependo tutto questo, e che c’erano molte persone desiderose di trasformare la sua vicenda in un episodio di discriminazione religiosa, Mariam, all’ultimo momento, ha deciso di rinunciare all’incontro. Pienamente sostenuta dalla famiglia, ha ribadito che la sua vicenda era una violazione dei suoi diritti di cittadina egiziana, non un atto di discriminazione nei confronti di una cristiana. Pertanto, la sua battaglia sarebbe continuata solo per vie legali, come una cittadina deve fare.

Cittadinanza, lotta alla corruzione, separazione fra religione e politica, erano fra i principi invocati nelle manifestazioni in piazza Tahrir del 2011. A distanza di oltre quattro anni, li ritroviamo sulle labbra di persone che si affannano a viverli nella loro esistenza quotidiana. Ancora una volta, significativamente, li ritroviamo sulle labbra di una giovane donna, non politicamente impegnata, ma quietamente agguerrita, che con i mezzi culturali e istituzionali a sua disposizione ha detto no sia il paternalismo del primo ministro, sia all’interferenza della Chiesa.

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