Le scuole cristiane di Terra Santa: no alla discriminazione
Da cinque anni i finanziamenti alle scuole cristiane in Israele sono stati dimezzati. Così insegnanti e dirigenti decidono la serrata e il rinvio dell'apertura dell'anno scolastico.
Le scuole cristiane (non solo cattoliche) di ogni ordine e grado, in Israele, si trovano a vivere un momento di grave difficoltà. Da tempo, come riferiamo a p. 5, patiscono una politica che le autorità ecclesiali non esitano a definire «discriminatoria». Cosa sta accadendo? Da cinque anni a questa parte i finanziamenti sono stati dimezzati. Inoltre, al personale docente delle primarie non viene permesso di partecipare agli aggiornamenti previsti per gli insegnanti delle scuole pubbliche.
Ma c’è di più: il ministero ha anche fissato un tetto massimo per le rette che le scuole cristiane possono chiedere alle famiglie. Tutte decisioni che portano a individuare una strategia che prevede la «morte programmata» delle scuole cristiane in Israele. Un attacco che si è cercato di respingere con uno sciopero generale ad oltranza dal primo settembre. Invece di sedersi sui banchi, i 33 mila studenti delle scuole cristiane (frequentate anche da musulmani) hanno trovato le porte chiuse. La preoccupazione nemmeno troppo velata che le autorità ecclesiali lasciano trapelare è questa: dato che le scuole cristiane sono un luogo di dialogo con la componente musulmana, mettendo in difficoltà queste istituzioni si intenderebbe minare la coesione sociale all’interno del popolo palestinese, oltre che indebolire l’identità cristiana in Terra Santa. Preoccupazioni esagerate? Forse… Sta di fatto che nel Medio Oriente di oggi, dove è più che mai vitale operare per la comprensione tra le componenti religiose e nazionali, l’attacco contro le scuole cristiane è una nota stonata. E non va certo nel senso della pace e del dialogo.