Il 23 e 24 settembre ricorrono due tra le più importanti feste dell’ebraismo e dell’Islam: lo Yom Kippur, il giorno più santo per gli ebrei, e l’Eid al-Adha, la più grande festa del calendario musulmano. A Gerusalemme, dopo gli scontri della settimana scorsa, la polizia teme l’eventualità di un inasprirsi delle tensioni e una nuova ondata di violenze.
(t.d./g.s.) – Il 23 e 24 settembre ricorrono due tra le più importanti feste dell’ebraismo e dell’Islam: lo Yom Kippur (Giorno del perdono), il giorno più santo per gli ebrei, e l’Eid al-Adha (Festa del sacrificio), la più grande festa del calendario musulmano. Da una parte la penitenza e il digiuno, dall’altra i banchetti e gli animali sacrificati.
A Gerusalemme, dopo gli scontri della settimana scorsa, la polizia teme l’eventualità di un inasprirsi delle tensioni e una nuova ondata di violenze.
Occorre ricordare che nel cuore di Gerusalemme vecchia il clima è elettrico da metà settembre, quando la Spianata delle Moschee è stata teatro di scontri tra giovani palestinesi e forze di sicurezza israeliane. Epicentro la Cupola della Roccia, la moschea Al Aqsa e le viuzze della centro storico che danno accesso al Recinto sacro musulmano.
Le forze dell’ordine israeliane sono intervenute per ripristinare l’ordine sulla Spianata, facendo cessare i tentativi dei palestinesi di disturbare gli accessi e le visite di ebrei e turisti in occasione del Capodanno ebraico (Rosh Hashanah), celebrato tra il 13 e il 16 settembre.
Il duro confronto è durato tre giorni, con decine di giovani musulmani asserragliati dentro la moschea e incalzati dagli agenti di polizia israeliani, impegnati ad arginare le manifestazioni contro le comitive di visitatori ebrei. I giovani lanciavano pietre e razzi, la polizia rispondeva con granate assordanti e gas lacrimogeni.
Per i palestinesi, gli ebrei compiono un atto sacrilego recandosi a pregare sulla Spianata. Continua oltretutto a serpeggiare il sospetto che – sovvertendo il vigente statu quo – Israele voglia assumere il pieno controllo del luogo, che riveste una grande importanza per le due religioni. Per i musulmani è il terzo santuario dell’Islam, perché associato all’isra, il miracoloso viaggio notturno del profeta Maometto in sella al suo cavallo, e al miraj, l’ascensione, con la quale avrebbe visitato i sette cieli e ricevuto da Dio le cinque preghiere quotidiane dell’Islam. Per gli ebrei è lì che sorgeva l’edificio di culto più sacro del giudaismo: il (secondo) Tempio giudaico – con al suo interno il Santo dei Santi –, distrutto dai romani nel 70 d.C. I fondamentalisti ebrei aspirano ad ottenere il diritto di pregare sulla Spianata e non nascondono il desiderio di riedificarvi un nuovo tempio.
Storicamente, lo statu quo in vigore dal 1967 prevede che i visitatori non musulmani, ebrei o cristiani, abbiano il diritto di accedere alla Spianata, ma non di svolgervi delle preghiere.
Nei giorni di massima allerta, la scorsa settimana, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha assicurato che «Israele agirà in tutti i modi per mantenere lo statu quo e l’ordine sul Monte del Tempio». D’altro canto in una riunione d’urgenza tra i ministri competenti in materia di sicurezza, la sera del 15 settembre, il premier ha annunciato «una modifica delle regole di ingaggio degli agenti (…) e la fissazione di un minimo di pena predeterminato per chi lancia sassi oltre a sanzioni importanti per i minorenni – e i loro genitori – che commettono questi delitti». In proposito le cronache segnalano che la sera del 12 settembre a Gerusalemme un cittadino israeliano – Alexander Levlovich, di 64 anni – ha perso la vita uscendo di strada con la sua auto colpita da una sassaiola.
Tornando alla Spianata delle Moschee, la Giordania, che è responsabile del Waqf, l’istituzione che gestisce i luoghi santi musulmani nella Città Santa, ha reagito vigorosamente alle notizie dei giorni scorsi mettendo in guardia il governo israeliano: «Ogni nuova provocazione a Gerusalemme avrà ripercussioni sulle relazioni bilaterali tra i due Paesi e Amman non potrà che agire di conseguenza».
Per scongiurare il rischio di un nuovo esacerbarsi degli animi, in questi giorni di festa, le forze dell’ordine hanno annunciato il dispiegamento di migliaia di poliziotti a Gerusalemme a partire dalla mattina del 22 settembre. L’allerta resterà alta fino alla fine dell’Eid, domenica sera.
Nella città vecchia sono scattate restrizioni alla circolazione attraverso la Porta di Giaffa già dalla sera del 21 settembre. Tradizionalmente per lo Yom Kippur migliaia di ebrei si recano al Muro occidentale, che si trova ai piedi della Spianata delle Moschee.
L’anno scorso la sovrapposizione esatta di Yom Kippur ed Eid al-Adha – il 4 ottobre – indusse le autorità a mettere in atto un apparato di sicurezza imponente. Non si registrò alcun incidente grave.
Con l’Eid al-Adha i musulmani ricordano la sottomissione di Abramo alla volontà di Dio che gli chiedeva di sacrificare il figlio, salvo poi intervenire per fermare la mano già armata di coltello e sostituire la vittima designata con un montone. Un episodio che i musulmani condividono con la narrazione biblica, benché essi rimpiazzino il figlio Isacco con (il fratellastro) Ismaele. La scena è ambientata sul monte Moria, che coincide con il Monte del Tempio ebraico e la musulmana Spianata delle Moschee.
Le festività religiose delle due religioni abramitiche – ebraismo e Islam – hanno non pochi elementi in comune. Tuttavia, anche a causa del conflitto israelo-palestinese, ha preso il sopravvento la loro componente identitaria. Specialmente a Gerusalemme, la città tre volte santa.