«Il mio pensiero va ai martiri di oggi, umiliati e discriminati per la loro fedeltà al Vangelo. E alle comunità che hanno saputo farsene carico, senza volgere altrove il loro sguardo». Sono parole di Papa Francesco in un messaggio inviato oggi a mons. Maroun Lahham, vicario per la Giordania del patriarca latino di Gerusalemme, il quale racconta degli 8 mila profughi ospitati nelle parrocchie da ormai un anno.
«Il mio pensiero va ai martiri di oggi, umiliati e discriminati per la loro fedeltà al Vangelo. E alle comunità che hanno saputo farsene carico, senza volgere altrove il loro sguardo». È un messaggio di speranza e sostegno ai cristiani che vivono in Giordania, quello che Papa Francesco ha mandato oggi con una lettera indirizzata a mons. Maroun Lahham, vescovo ausiliare di Gerusalemme dei Latini e vicario patriarcale per la Giordania. La lettera è stata affidata a mons. Nunzio Galantino, segretario generale della Conferenza episcopale italiana (Cei), che dal 6 all’8 agosto è in visita in Giordania.
Il viaggio di mons. Galantino coincide con un anniversario: è dell’8 agosto di un anno fa la presa della cittadina cristiana di Qaraqosh, in Iraq, da parte dello Stato islamico e la fuga precipitosa di migliaia di cristiani verso il Kurdistan iracheno. Poche settimane prima era già stata presa dai fondamentalisti islamici la città di Mosul, l’antica Ninive. I cristiani, per non convertirsi forzatamente all’Islam, furono costretti ad abbandonare tutto fuggendo con ogni mezzo verso il Kurdistan iracheno e verso la sua capitale, Erbil. Da lì, anche grazie alla protezione del re di Giordania, Abdallah II, fu possibile organizzare in poche settimane lo spostamento in aereo di molti cristiani iracheni verso Amman, in Giordania. Ad attenderli e ad accoglierli, le parrocchie giordane, che ancora li ospitano.
«Oggi sono circa 8 mila i cristiani iracheni nelle nostre parrocchie – racconta mons. Maroun Lahham –. La situazione è molto difficile: vivono nelle aule del catechismo e in ogni spazio disponibile; ogni stanza è condivisa da più famiglie, divise tra loro magari solo da una semplice tenda. I cristiani della Giordania stanno facendo di tutto, preoccupandosi del cibo e dei vestiti – continua Lahham –; siamo anche testimoni di atti di solidarietà da parte dei musulmani. Ad esempio, in alcune parrocchie associazioni islamiche di solidarietà hanno portato prefabbricati dove ospitare i cristiani».
L’arcivescovo non nega la complessità della situazione che si è venuta a creare: «Le prime migliaia di profughi iracheni arrivati in Giordania avevano sicuramente perso tutto fuggendo dallo Stato islamico – racconta il vescovo –. Adesso arrivano in Giordania anche cristiani non propriamente perseguitati, che fuggono dall’Iraq per la paura di un futuro incerto e minaccioso e nella speranza di emigrare in Occidente, per vivervi in pace. Il problema è che, per ottenere un visto per un Paese occidentale, ci vogliono anche cinque anni; e, nel frattempo, in Giordania il governo non consente ai rifugiati di lavorare legalmente. Quindi queste persone rimangono in una condizione di povertà senza poter lavorare e senza prospettive, sulle spalle dei cristiani locali».
Per confortare i cristiani che fuggono e i cristiani che accolgono giunge dunque l’odierna lettera del Papa: «Più volte – scrive Francesco – ho voluto dare voce alle atroci, disumane e inspiegabili persecuzioni di chi in tante parti del mondo, e soprattutto tra i cristiani, è vittima del fanatismo e dell’intolleranza, spesso sotto gli occhi e nel silenzio di tutti. Sono i martiri di oggi, umiliati e discriminati per la loro fedeltà al Vangelo. Il mio ricordo, che si fa appello solidale, vuol essere il segno di una Chiesa che non dimentica e non abbandona i suoi figli esiliati a motivo della loro fede: sappiano che una preghiera quotidiana si innalza per loro, insieme alla riconoscenza per la testimonianza che ci offrono. Il mio pensiero va anche alle Comunità che hanno saputo farsi carico di questi fratelli, evitando di volgere lo sguardo altrove. Voi annunciate la risurrezione di Cristo con la condivisione del dolore e l’aiuto solidale che prestate alle centinaia di migliaia di profughi; con il vostro chinarvi sulle loro sofferenze, che rischiano di soffocarne la speranza; con il vostro servizio di fraternità, che rischiara anche momenti tanto bui dell’esistenza».
Monsignor Galantino, che è giunto oggi ad Amman, domani visiterà un campo di accoglienza e pranzerà con i rifugiati, mentre il l’8 agosto parteciperà ad un incontro di preghiera di rito caldeo, proprio della maggior parte dei cristiani fuggiti dall’Iraq.