«Volete abbandonare la Terra Santa al suo destino? Pellegrini, continuate a venire in Terra Santa! Qui è più sicuro che in Italia e in Europa! Liberatevi dalla paura e venite!». L’appello di monsignor Giacinto-Boulos Marcuzzo, vicario per Israele del patriarca latino di Gerusalemme è perentorio. Il pellegrinaggio in Terra Santa è possibile, le paure sono irrazionali.
(c.g.) – «Volete abbandonare la Terra Santa al suo destino? Pellegrini, continuate a venire in Terra Santa! Qui è più sicuro che in Italia e in Europa! Liberatevi dalla paura che vi imprigiona e venite! ». L’appello di monsignor Giacinto-Boulos Marcuzzo, vescovo ausiliare del patriarca latino di Gerusalemme e suo vicario per Israele è accorato e perentorio. Il pellegrinaggio in Terra Santa è possibile, le paure sono tutte irrazionali. E i frutti spirituali di un viaggio dei luoghi di Gesù sono così ricchi che possono cambiare la nostra vita.
Monsignor Marcuzzo, che risiede a Nazaret, si associa all’appello lanciato in questi giorni su questo sito dal Custode, fra Pierbattista Pizzaballa, e seguito da molti esponenti della Chiesa, per non abbandonare la Terra Santa.
«Colgo volentieri l’occasione che mi è offerta – afferma mons. Marcuzzo – per dire a tutti a voce alta, anche a nome del Patriarca e di tutti i Pastori di Terra Santa: non abbiate paura di venire pellegrini in Terra Santa, di visitare tutta la Terra Santa, Nazareth, Gerusalemme, Betlemme, Amman. In questi mesi, grazie a Dio, ‘da Dan a Bersabea’ c’è una totale sicurezza e una generale tranquillità. Una paura ragionevolmente fondata sarebbe segno di prudenza, buon senso e saggezza – continua il vescovo -. Ma quella paura è assolutamente infondata, non solo non produce niente di bene, ma paralizza le persone e blocca qualsiasi iniziativa e intraprendenza di crescita e di progresso. È impressionante costatare quanti danni può provocare questa paura infondata. Per questo non esitiamo a ribadire: Pellegrini, liberatevi da questa paura-prigione e spalancate le porte al vostro desiderio di visitare i Luoghi Santi, di sfruttare al massimo la grazia del pellegrinaggio, quest’acqua sorgiva e rigenerante che può fare tanto del bene alla vostra vita e alla vostra fede».
Monsignor Marcuzzo confida che molte sue considerazioni nascono da colloqui che lui stesso ha avuto con fedeli incontrati in Italia, persone che per paura hanno rinunciato al pellegrinaggio in Terra Santa.
«Mi dicono: ’Vediamo in televisione tutti quei massacri e rapimenti che succedono là in Siria, Iraq, Libia e persino adesso in Tunisia …’ – racconta mons. Marcuzzo -. ‘Ma, appunto, rispondo io, tra quei paesi e la Terra Santa, geograficamente e soprattutto politicamente parlando, c’è una distanza abissale. La Terra Santa è lontana da quei problemi. Siamo più sicuri in Terra Santa che in Europa o Italia’. Tutti mi guardano increduli, da un canto contenti di questa buona notizia ma, dall’altro canto, perplessi davanti alla loro falsa certezza che crolla. Spesso i pellegrini mi chiedono – continua il vescovo -: ‘cosa possiamo fare per aiutare i cristiani di Terra Santa?’ La nostra esperienza in Terra Santa ci suggerisce la seguente risposta: ci sono infatti diversi modi, ma il mezzo più ‘facile’ e più efficace per aiutare la terra Santa è il pellegrinaggio stesso. Un pellegrinaggio fa bene sia al pellegrino come al cristiano locale, e non comporta aggravi supplementari per nessuno. I pellegrinaggi aiutano i cristiani locali innanzitutto economicamente, poiché si sa che una buona percentuale di cristiani (a Betlemme e Gerusalemme, si stima una media del 30%) ricava il suo mezzo di sostentamento dal lavoro nel settore del pellegrinaggio e turismo. Questo vuol dire nel concreto, che quando ci sono pellegrinaggi almeno quel 30% lavora normalmente, mentre quando c’è crisi di pellegrinaggi quel 30% è esposto alla disoccupazione e dunque, direttamente o indirettamente, all’emigrazione. Ma il sostegno principale e più importante che i pellegrini possono offrire ai cristiani locali è morale, sociale e ecclesiale. Sempre a causa del fatto di essere una piccola minoranza, la Chiesa locale si scopre forte e incoraggiata dalla Chiesa universale, quando si sente parte di un corpo più grande e si rende conto di non essere dimenticata e trascurata nelle sue difficoltà. In altre parole, ogni qualvolta i cristiani di Nazareth, Gerusalemme, Betlemme o Amman vedono un pullman di pellegrini arrivare, dicono o pensano più o meno così: ‘Ah, sono qui! Non ci hanno dimenticato, amano ancora la nostra terra, condividono almeno per alcuni giorni la nostra vita’. Mentre si illuminano sempre più, i loro volti esprimono suppergiù i seguenti sentimenti: ‘Forti della loro presenza e del loro amore per noi, anche noi restiamo e andiamo avanti’. Quando un gruppo di pellegrini lascia la Terra Santa, l’espressione più comune che si sente da parte di una guida o animatore locale o da qualsiasi amico che li saluta è: ‘non dimenticateci, pregate per noi, tornate!’ ».