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Il primo iftar in una sinagoga egiziana

di Elisa Ferrero
24 luglio 2015
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Il 12 luglio, un po’ in sordina, si è svolto un piccolo evento di condivisione dalla portata storica. La minuscola comunità ebraica egiziana ha ospitato per la prima volta, nella sinagoga di Adly Street al Cairo, un iftar, il pasto del tramonto con cui ogni sera i musulmani rompono il digiuno nel mese di Ramadan. Organizzatrice dell’evento la Coalizione egiziana per le minoranze, creata nel 2012 per sostenere la convivenza fra religioni e minoranze in Egitto e promuovere una società plurale.


Il 12 luglio, un po’ in sordina, si è svolto un piccolo evento di condivisione dalla portata storica. La minuscola comunità ebraica egiziana ha ospitato per la prima volta, nella sinagoga di Adly Street al Cairo, un iftar, il pasto del tramonto con cui ogni sera i musulmani rompono il digiuno nel mese di Ramadan. A organizzare l’evento è stata la Coalizione egiziana per le minoranze, creata nell’aprile del 2012 con lo scopo di sostenere la convivenza fra religioni e minoranze in Egitto e promuovere in tutti i modi una società plurale. L’evento del 12 luglio, cui è stato dato il titolo Il pluralismo è la nostra forza, è stato il secondo iftar annuale organizzato dalla Coalizione. Alla tavolata, però, non si sono seduti solo i rappresentanti di musulmani ed ebrei, ma anche quelli dei cristiani e di altre minoranze, come gli amazigh e i nubiani.

Sia il giorno, sia il luogo scelto per questo iftar sono simbolici. Come ha spiegato Mina Thabet, rappresentante della Coalizione, si è voluto condividere la rituale rottura del digiuno dei musulmani (la maggioranza religiosa del Paese) nel giorno della festa degli Apostoli celebrata dai cristiani copti (la minoranza religiosa più numerosa) e nel luogo di culto degli ebrei (la minoranza religiosa più piccola e più antica del Paese, sul punto di scomparire). Mina Thabet ha persino chiesto perdono per lo stato in cui oggi versa la comunità ebraica egiziana che, un tempo fiorente e numerosa, si è drasticamente rimpicciolita fino a ridursi a poche decine di persone, dopo l’ascesa al potere di Gamal Abdel Nasser e il prolungato conflitto con Israele.

Magda Haroun, presidente della stoica comunità ebraica egiziana, composta ormai quasi esclusivamente da donne, ha fatto gli onori di casa, accogliendo gli ospiti delle tre religioni abramitiche in quella che ha definito «la casa del Dio unico» e dunque aperta a tutti. Magda Haroun, nel suo breve intervento, ha inoltre sottolineato che il pluralismo della società egiziana è davvero una forza inestimabile.

Magdy Suleyman, uno dei fondatori della Coalizione, ha tuttavia ricordato che, nonostante il pluralismo «di fatto» esistente nel Paese, la società egiziana è purtroppo intrisa di una cultura che fa fatica ad accettare l’altro. Ecco, allora, che piccole iniziative come l’iftar in sinagoga, secondo Suleyman, possono aiutare a cambiare questa mentalità e combattere il terrorismo, problema con cui l’Egitto si sta confrontando quotidianamente.

Come dicevamo, all’iftar in sinagoga erano presenti anche gli amazigh, i berberi, che in Egitto sono concentrati soprattutto nell’Oasi di Siwa. La loro rappresentante Amany al-Wishahy ha espresso delusione per la mancata inclusione degli amazigh nella commissione che nel 2013 ha riscritto la Costituzione, ma ha mostrato al tempo stesso soddisfazione e speranza per il riconoscimento ufficiale che questa stessa Costituzione ha concesso alle minoranze etniche, consentendo alle loro associazioni e organizzazioni di portare avanti le proprie attività legalmente. Speranza che lo scrittore nubiano Haggag Oddoun ha affermato di condividere. La giornalista Amina Shafiq, infine, ha voluto ricordare come la cultura del pluralismo sia sempre stata presente in Egitto, ma come, per complesse ragioni politiche, sia purtroppo andata perduta.

Nonostante i numerosi problemi che le minoranze devono ancora affrontare in Egitto, e la lotta faticosa per affermare i principi del pluralismo e di una cittadinanza aperta a tutte le diversità, iniziative come questo iftar e associazioni come la Coalizione egiziana per le minoranze sono il segno che uno dei messaggi più importanti della rivoluzione del 2011 è stato raccolto. Esiste, in Egitto, la volontà di riscoprire la propria identità multiculturale e sfaccettata, ancor più dopo lo choc subito durante l’anno di governo di Mohammed Morsi. Il fatto, in particolare, che in Egitto si assista a un nuovo, positivo interesse verso la comunità ebraica superstite, dopo decenni di pregiudizi e diffidenza nei suoi confronti, motivati dal conflitto con Israele, è segno ancor più incoraggiante. Il successo della serie televisiva Harat al-Yahud (Il vicolo degli ebrei), una delle tradizionali telenovele di Ramadan di quest’anno, conferma questa nuova sensibilità popolare, anche se la ricostruzione storica fatta dagli autori, che incolpa unicamente i Fratelli Musulmani per la fuga degli ebrei dall’Egitto, è stata – a ragione – molto contestata.

Senza dubbio c’è ancora tanta strada da fare, ma la direzione è stata tracciata nel 2011 e in molti, oggi, la stanno seguendo.

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