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Fra Dhiya e i suoi fratelli. Chi sono i sacerdoti rapiti in Siria

Carlo Giorgi
8 luglio 2015
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Fra Dhiya e i suoi fratelli. Chi sono i sacerdoti rapiti in Siria
I due vescovi rapiti, Gregorius Hanna Ibrahim e Boulos al-Yazigi.

Non si hanno ancora notizie di fra Dhiya Azziz, frate della Custodia di Terra Santa rapito sabato 4 luglio, a Yacoubieh, nella Valle dell’Oronte, in Siria. Con lui, ad oggi sono sette i religiosi – due vescovi e cinque sacerdoti tra cui padre Paolo Dall’Oglio- rapiti nel corso del conflitto siriano non ancora tornati a casa. Ecco le loro storie, per non dimenticarli.


Non si hanno ancora notizie di fra Dhiya Azziz, frate della Custodia di Terra Santa rapito sabato 4 luglio, a Yacoubieh, nella Valle dell’Oronte, in Siria. Con lui, ad oggi sono sette i religiosi rapiti nel corso del conflitto siriano non ancora tornati a casa.

I primi in ordine temporale sono due giovani sacerdoti di Aleppo: padre Michel Kayyal, armeno cattolico, e padre Maher Mahfuz, greco-ortodosso, rapiti due anni e mezzo fa, il 9 febbraio 2013. Il giorno in cui vengono rapiti stanno viaggiando su un pullman di linea assieme a tanta gente comune. Con loro si trova anche un terzo sacerdote. Desiderano raggiungere un istituto salesiano a sud ovest di Aleppo, nella città di Kafrun. Però, a una cinquantina di chilometri da Aleppo il pullman si ferma a un check point di miliziani. I guerriglieri, notando due sacerdoti in abito talare, li fanno scendere dal pullman portandoli via. Il terzo sacerdote, che veste abiti borghesi, non viene rapito e si salva. Dopo una prima richiesta di riscatto, dei due sacerdoti non si sa più nulla.

Solo alcune settimane dopo finiscono nella rete dei miliziani due vescovi: Il 23 aprile del 2013, infatti, sono rapiti il metropolita siriaco ortodosso di Aleppo Gregorius Hanna Ibrahim e l’arcivescovo greco ortodosso di Aleppo Boulos al-Yazigi. Secondo alcune fonti il vescovo Boulos si trovava in un villaggio al confine con la Turchia, dove si era recato per visitare i fedeli e tranquillizzare gli animi agitati dal conflitto. Il vescovo Youhanna lo ha raggiunto, con la propria vettura, guidata da un diacono suo assistente. Durante il viaggio di ritorno dal confine con la Turchia, quando ormai i due vescovi stavano per raggiungere Aleppo, l’auto è stata bloccata da un gruppo armato che ha fatto scendere tutti, giustiziato l’autista e rapito i due vescovi.

Due mesi dopo, il 29 luglio 2013, è padre Paolo Dall’oglio, gesuita italiano al servizio della Chiesa siriaco cattolica e fondatore del monastero di Mar Mousa, a venire rapito. Padre Paolo, che vive in Siria da trent’anni, si è sempre battuto per il dialogo tra cristiani e musulmani e per un sistema di maggiore giustizia. Amato da tanti, proprio per il suo impegno risulta essere però una persona “non gradita” a molti altri in Siria. Nel luglio 2013 si trova a Raqqa, città siriana in cui governano gli integralisti dello Stato Islamico. Vuole parlare con le locali autorità. Chiede un colloquio e, dal momento in cui entra nell’edificio del governo, di lui non si sa più nulla. Infine, solo qualche settimana fa, è padre Jacques Murad, a lungo compagno di padre Paolo nel monastero di Mar Musa e, da alcuni anni, responsabile del monastero di Mar Elian, vicino alla cittadina di Qaryatayn. Da quando inizia la guerra ospita nel monastero centinaia di famiglie di profughi, cristiane e musulmane, senza alcuna distinzione. È amatissimo dai suoi concittadini, rischia per loro continuamente la vita condividendo ogni cosa. Pochi giorni prima del suo rapimento, il 21 maggio 2015, la situazione a Qaryatayn precipita poiché cade nelle mani dello Stato islamico la vicina città di Palmira. Quando viene rapito si sta spostando in automobile nelle vicinanze del monastero. La sua vettura viene affiancata da una motocicletta con uomini armati che intimano al religioso di fermarsi. Salgono sulla vettura e portano via padre Jaques. Anche di lui, fino ad oggi, non si è saputo più nulla.

Oltre a questi sacerdoti rapiti, vogliamo ricordare anche i sacerdoti uccisi testimoniando il Vangelo, come padre François Mourad, ucciso il 23 giugno 2013 a Ghassanieh, nella valle dell’Oronte, non lontano da dove è stato rapito fra Dhiya, sabato scorso. Padre François era un valido aiuto per i francescani della Custodia attivi in quel territorio. Si trovava proprio nella parrocchia francescana di Ghassanieh quando un gruppo di miliziani sarebbe entrato nella chiesa con intenzioni tutt’altro che pacifiche. Nel corso della colluttazione padre François sarebbe stato ucciso. Un altro religioso vittima del fondamentalismo islamico in Siria è stato padre Frans van der Lugt, gesuita olandese attivo nella città di Homs per decenni. Padre Frans non ha mai abbandonato la città martoriata siriana nonostante bombardamenti, fame e assedi, condividendo la sorte dei suoi concittadini fino alla morte, sopravvenuta il 7 aprile 2014, per opera di miliziani armati. Lo scorso ottobre un altro francescano della Custodia di Terra Santa, per fra Hanna Jallouf, viene rapito nella Valle dell’Oronte. Prelevato assieme a una ventina di parrocchiani del villaggio di Knayeh, viene portato al locale tribunale islamico per rispondere ad alcune imputazioni. Pochi giorni dopo, grazie a Dio, viene però rilasciato. Nel dicembre 2013 vengono rapite anche dodici suore ortodosse del monastero dell’antica città cristiana di Maalula, rilasciate dopo un periodo di prigionia.

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