Storie, attualità e archeologia dal Medio Oriente e dal mondo della Bibbia
Nelle varie traduzioni delle Scritture si pone spesso l'accento sul verbo «temere» attribuendogli connotazioni negative. Ma proviamo a capire meglio...

Temere il Signore è consegnarsi all’amore

fra Alberto Joan Pari ofm
17 giugno 2015
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Temere il Signore è consegnarsi all’amore
Mosaico nell'abside del santuario della Trasfigurazione, sul Monte Tabor, in Israele. (foto J. Kraj)

Sono sempre stato incuriosito (al punto di occuparmene nella mia tesi di baccalaureato) dal significato del verbo «temere» e in particolare dall’espressione «temere il Signore». Un interesse che si è accresciuto durante gli anni di vita in Terra Santa e l’incontro con la lingua ebraica del testo originale dell’Antico Testamento. Appassionato anche di lingue, mi sono chiesto come le diverse traduzioni bibliche avessero reso la traduzione di questo particolare e interessante verbo ebraico. Nella mentalità moderna il significato attribuito al verbo «temere» non è affatto positivo, rimanda ad emozioni sgradevoli di disagio e inquietudine per qualcosa di spiacevole che sta per accadere o per qualcosa di cui aver paura. È chiaro a tutti che non è questo il vero significato che la Bibbia vuole trasmettere al credente che si accosta al Testo Sacro. Tuttavia quasi tutte le traduzioni bibliche in lingue moderne hanno mantenuto come traduzione del verbo ebraico le espressioni «temere», «aver paura», «spaventarsi», «intimorirsi» e via dicendo. La preoccupazione della Chiesa che il termine «timore del Signore» potesse essere frainteso e male interpretato, e così generare nel fedele sentimenti errati nei confronti di Dio, non è nuova; ad esempio sant’Ilario, vescovo della Chiesa di Poitiers vissuto nel IV secolo, scrisse ai fedeli della sua comunità un testo bellissimo per insegnare loro come intendere l’espressione: «Per conto nostro il timore di Dio è tutto nell’amore, e l’amore perfetto perfeziona questo timore. Il compito proprio del nostro amore verso Dio è di ascoltarne gli ammonimenti, obbedire ai suoi comandamenti, fidarsi delle sue promesse» (Trattati sui Salmi).

Pare che anche a Papa Francesco stia molto a cuore questo tema, diverse volte infatti ha voluto parlarne nelle sue omelie o catechesi del mercoledì. Nell’omelia del 16 maggio di quest’anno, parlando della paura/timore ha detto: «La paura è un atteggiamento che ci fa male, ci indebolisce, ci rimpiccolisce, ci paralizza anche. Tanto che una persona sotto paura non fa nulla, non sa cosa fare: è timorosa, paurosa, concentrata su se stessa affinché non le succeda qualcosa di male, di brutto. Dunque la paura porta a un egocentrismo egoistico e paralizza. Proprio per questo Gesù dice a Paolo: non aver paura, continua a parlare. La paura, infatti, non è un atteggiamento cristiano, ma è un atteggiamento, possiamo dire, di un’anima incarcerata, senza libertà, che non ha libertà di guardare avanti, di creare qualcosa, di fare del bene. Che peccato, la paura fa male. La paura, però, va distinta dal timore di Dio, con la quale non ha nulla a che vedere. Il timore di Dio è santo, è il timore dell’adorazione davanti al Signore e il timore di Dio è una virtù. Esso, infatti, non rimpiccolisce, non indebolisce, non paralizza; al contrario, porta avanti verso la missione che il Signore dà. Una cosa è il timore di Dio, che è buono; ma un’altra cosa è la paura e un cristiano pauroso è poca cosa: è una persona che non ha capito quale sia il messaggio di Gesù».

Il verbo temere nel linguaggio biblico ha quindi una varietà di significati che si può dire siano quasi opposti a quello che naturalmente gli si attribuirebbe, in particolare nei confronti del Signore. Il timore del Signore è così l’amore, rispettoso e adorante che il fedele deve sempre chiedere da Dio, perché è uno dei doni dello Spirito Santo, per poter essere degno e capace di venerarlo come a Lui conviene. Nel libro del Siracide c’è un brano squisito che lo descrive: «Il timore del Signore è gloria e vanto, gioia e corona di esultanza. Il timore del Signore allieta il cuore e dà contentezza, gioia e lunga vita. Per chi teme il Signore andrà bene alla fine, sarà benedetto nel giorno della sua morte. Principio della sapienza è temere il Signore; pienezza della sapienza è temere il Signore; essa inebria di frutti i propri devoti. Corona della sapienza è il timore del Signore; fa fiorire la pace e la salute. Radice della sapienza è temere il Signore; i suoi rami sono lunga vita» (1,9-18).

Il mio sogno sarebbe poter trovare nella Bibbia, mentre la leggo e prego, una traduzione più vicina a questi significati. Nell’attesa fiduciosa che questo avvenga, avere nel cuore e nella vita il sacro timore del Signore è la cosa più bella che possiamo chiedere al Padre.

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