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Donne (e uomini) alla guerra del velo

fra Mamdouh Chéhab Bassilios ofm
20 maggio 2015
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A circa 110 anni dall’uscita del libro intitolato Tahrir al-mar’a («La liberazione della donna») e Al-mar’ah al-giadidah («La nuova donna»), ambedue di Qâssem Amin (1863-1908), conosciuto appunto come «il liberatore della donna» in Egitto, Chérif al-Choubachi, scrittore e giornalista, dopo una ventina d’anni vissuti a Parigi (dove ha lavorato per l’Unesco e nella sede di corrispondenza del quotidiano di Al-Ahram ha pubblicato, sempre in arabo il saggio Thawrat al-mar’ah («La rivoluzione della donna»), uscito nel 2008 al Cairo.

Nel suo libro Chérif dedica un capitolo al hijâb o burqa’, un fenomeno riapparso in Egitto negli anni Settanta del secolo scorso, e che ha continuato ad imporsi nella vita sociale in Egitto, soprattutto a causa dell’insegnamento dei leader religiosi musulmani attraverso tutti i mezzi di comunicazione sociale.

Nel 2006 Chérif aveva scritto alcuni articoli su Al-Ahram a proposito del hijâb (il velo). Affermava, tra l’altro: «Se siamo d’accordo, [in teoria] che indossare il velo è una questione inerente alla libertà personale, nella realtà, le pratiche che lo riguardano negano ogni rapporto con la libertà personale. Infatti c’è un clima che domina per le strade, nelle università e nei luoghi di lavoro che incoraggia l’uso del velo: la donna che non lo indossa attira su di sé ogni tipo di dubbio circa la sua moralità e la sua disciplina. In base a ciò, migliaia di ragazze che solo immaginano di poter girare senza velo sono esposte ad attacchi aggressivi e a “pressanti consigli” (leggasi vere e proprie minacce)».

Il 2 aprile scorso, sulla sua pagina Facebook, Chérif si chiedeva se ci fosse qualche donna coraggiosa pronta a ripetere il gesto compiuto da Hoda Shaarawi nel 1923: togliersi il velo nel bel mezzo di Piazza Tahrir. Chérif dà una motivazione precisa per questa sua campagna contro il velo femminile: colpire l’Islam politico… che ha trovato nei Fratelli Musulmani una sponda potente e che propugna il velo islamico per tutte le donne. La signora Hoda Shaaraoui (1879 – 1947), pioniera del femminismo egiziano nei tempi moderni, fu la prima a svestire il burqa, tornando insieme a un gruppo di donne da un congresso internazionale femminile che si era svolto a Roma.

Il 6 aprile Chérif ha scritto un nuovo post, sempre su Facebook: «Un gruppo di ragazze giovani si liberi dal velo nel corso di una manifestazione pubblica, da organizzare in una giornata della prima settimana di maggio, circondate da un gruppo di uomini. Io per primo sarò tra loro per proteggerle. Sicuramente, la Prefettura del Cairo verrà informata per garantire la sicurezza del luogo».

L’idea di svestire pubblicamente il velo è vecchia di due anni. L’aveva lanciata Bahâ’ Anwar, capo del partito laico in Egitto, un musulmano sciita egiziano, chiamando ad una «giornata mondiale per la rimozione del velo».

Sarà in grado Chérif di portare avanti una campagna che sta spaccando il Paese in due, oppure dovrà rinunciare di fronte alle minacce dell’Islam politico che non lo lascerà in pace?

Sia come sia, al centro di ogni questione resta sempre la condizione della donna e il suo rispetto. Lasciamola libera di essere se stessa, sia che decida di coprirsi la testa (senza nessuna costrizione sociale o religiosa, come Chérif desidera di cuore), sia che decida di togliersi il velo.

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